Shoegaze4

Shoegaze4

Nella compilation Shoegaze Revolution recensita da TomTomRock (https://www.tomtomrock.it/recensioni/689-various-artists-revolution-the-shoegaze-revival-ear-to-ear-records-gerpfast-kolektif-2015.html), figurano 30 gruppi, provenienti da 16 paesi. Ben quattro di questi gruppi sono italiani: Clustersun, RevRevRev, Stella Diana e Weird. Proprio una presenza così cospicua e, aggiungiamo, qualitativamente molto valida, ci ha spinto ad approfondire il discorso relativo all’odierna rinascita dello shoegaze, e a una sua eventuale ‘declinazione’ italiana, chiedendo lumi a tre dei quattro diretti interessati. Ecco la prima puntata di quest’intervista multipla.

di Marina Montesano e Antonio Vivaldi 

1. Prima domanda d’obbligo: chi siete, da dove venite, che esperienze avete alle spalle, a chi vi ispirate?

Clustersun
Nasciamo come Clustersun nei primi mesi del 2013, a Catania. Siamo in quattro: Marco Chisari (voce e basso), Mario Lo Faro (chitarre), Piergiorgio Campione (sintetizzatori, tastiere e cori), Andrea Conti (batteria). A giugno 2013 autoproduciamo il nostro primo singolo Be Vegetal pubblicandolo in formato digitale sulle principali piattaforme di music sharing. Qui il brano viene notato da Dave Allison della etichetta indipendente americana Custom Made Music (Peter Hook & The Light, Freebass, Ringo Deathstarr, Dead Leaf Echo), che lo inserisce nella compilation Summer Sampler, raccolta di shoegaze, wave, psichedelia, dream-pop selezionata a livello internazionale; questa compilation è stata pubblicata in USA in un migliaio di copie e programmata nelle principali radio universitarie. Sull’onda di questo bel riconoscimento si materializza l’incontro con la Seahorse Recordings di Paolo Messere, una tra le più apprezzate indie label italiane, con la quale firmiamo il contratto per la pubblicazione del nostro primo album Out Of Your Ego, uscito il 28 aprile 2014 con distribuzione Audioglobe/The Orchard, edizioni New Model Label. L’album contiene otto tracce a cavallo tra shoegaze, coldwave, dream-pop e psichedelia, i generi che più ci rappresentano e che adoriamo. I nostri ascolti, il nostro background musicale sono radicati su queste sonorità, che hanno il fascino irresistibile del “non convenzionale” rispetto agli stilemi più classici del rock. Non ci ispiriamo a nessuno in particolare, cerchiamo invece di sintetizzare le influenze che gli alfieri di questi generi ci hanno trasmesso nel tentativo di elaborare un percorso originale e riconoscibile.

Rev Rev Rev
Siamo quattro esemplari di Homo Sapiens (almeno questo è quello che ci piace pensare) e veniamo dalla Pianura Padana, in prevalenza Modena.
La band esiste dal 2011, in precedenza Sebastian e Laura avevano un altro progetto insieme, sul genere new wave/space rock, mentre Greta ha avuto esperienze eterogenee tra pop, trip-hop e post-rock e Andrea ha suonato dall’hard rock all’indie pop.
Il nostro suono è influenzato dallo shoegaze della prima ondata (My bloody Valentine, The Jesus and Mary Chain), ma anche da Loop, Spacemen 3, Dinosaur jr., Velvet Underground, Pixies.

Stella Diana
Siamo di Napoli e siamo io, Dario, voce e chitarra, Giacomo al basso, Roberto chitarra e synth e infine Davide, batteria e cori. Io e Giacomo suoniamo insieme da una vita, almeno dal ‘96 e abbiamo fatto e rifatto varie band. Io già suonavo dal ‘94 in vari gruppi di quelli che fai al liceo e durano lo spazio di due prove. Gli Stella Diana nascono nel ’98 da noi due e una drum machine. All’inizio proponevamo una commistione di new wave e slowcore: Joy Division, Chameleons, Codeine e i Low; roba così insomma. Poi, dopo aver cambiato almeno otto batteristi, siamo arrivati alla formazione a quattro col nostro vecchio chitarrista Raffaele (e ora Roberto) e Davide alla batteria, già membro dei Trees, storica band underground di dream darkwave-shoegaze anni 90. Abbiamo pubblicato tre album (un primo disco autoprodotto è del 2002) e un bel po’ di demo, anche su cassetta. Supporto Colore del 2007 con la Seahorse Recordings ci ha fatto conoscere un po’ in giro e ci ha permesso di suonare anche all’estero. Poi è arrivato Gemini, coprodotto con una label catalana la 7argh, album ben recensito, ma che purtroppo non è stato supportato da un live adeguato vista l’uscita dal gruppo del vecchio batterista.
Ora c’è 41 61 93 totalmente autoprodotto e molto apprezzato soprattutto all’estero. Probabilmente il disco che meglio sintetizza le nostre influenze in bilico tra shoegaze, new wave e noise.

2. Vi abbiamo ascoltati sulla compilation Shoegaze Revolution; ognuno di voi ha uno stile peculiare, differente da quello degli altri. Cosa vi accomuna allora sotto l’etichetta “shoegaze”? Qual è l’interpretazione che date a questo termine?

Clustersun
Per noi il fascino dello shoegaze risiede proprio nella grande libertà di declinazione espressiva concessa all’artista. La compilation REVOLUTION – The Shoegaze Revival lo testimonia in maniera emblematica: 30 band provenienti da 16 paesi del mondo diversi, con 5 continenti su 6 rappresentati, ognuna con peculiarità e caratteristiche uniche, tali da farle suonare anche radicalmente diverse le une dalle altre. Allo stesso tempo, però, percorsi così variegati trovano l’innegabile elemento unificante in una attitudine condivisa: il culto del suono, l’edificazione di cattedrali i cui mattoni sono il riverbero, il fuzz, i decibel, con l’obiettivo di avvolgere l’ascoltatore, sollevarlo da terra e trasportarlo in dimensioni inesplorate. In ultima analisi per noi lo shoegaze è questo, focalizzare tutte le proprie energie espressive sullo spingere tutto al limite, possibilmente superandolo, senza badare ad altro aspetto, financo il pubblico.

Rev Rev Rev
Shoegaze per noi è un tipo di approccio al suono, agli stati d’animo che si vogliono evocare nell’ascoltatore attraverso la sperimentazione timbrica; in generale si tratta di sonorità ipnotiche, che noi otteniamo con la c.d. glide guitar, ovvero l’uso continuo della leva del tremolo che va a produrre il famoso effetto doppler; questo, associato alle accordature aperte e alle tonnellate di riverbero, produce qualcosa di unico e immediatamente riconoscibile. Poi ognuno declina il proprio stile in maniera differente; noi per esempio, facendo parte del filone MBV, a livello di effetti di modulazione ci limitiamo all’uso di riverbero e tremolo, e non utilizziamo chorus, delay, flanger, phaser, pitch shifter…

Stella Diana
Mah… Shoegaze, di questi tempi, dove tutto è fraintendibile e poco definito, vuol dire tutto e niente. A me personalmente non piacciono le nuove etichette quali nu-gaze, elettro-gaze o wave-gaze. Sono cose oziose. Lo shoegaze che noi amiamo è solo un lasciapassare che ci ha permesso di avere un’identità verso chi si imbatte nella nostra musica, ma a noi piace tantissimo anche la new wave e altre cose. Diciamo che l’uso smodato di chitarre ed effettistica potrebbe rendere amalgamabile il nostro suono con quello delle altre band, benché il fatto di cantare in italiano ci renda comunque diversi.
E non so se in bene o in male.

httpv://www.youtube.com/watch?v=7rzmnZ5wyao

Clustersun – Hypgnosis

httpv://www.youtube.com/watch?v=_D1wD_5oPGk

Rev Rev Rev – Catching A Buzz

httpv://www.youtube.com/watch?v=e7e1FE1dIaI

Stella Diana – Isabeau

 

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