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I media britannici sono ossessionati dalla caccia al giovane genio sconosciuto, ai nuovi Beatles, ai nuovi Oasis o, in tempi di magra, ai nuovi Stereophonics. In molti casi si tratti di castelli di sabbia pop, in altri la stoffa c’è davvero, com’è stato il caso lo scorso anno di Jake Bugg e ora di un duo di giovanissimi ‘campagnoli’, i Drenge. Quella che segue è – forse – la loro prima intervista italiana, pochi giorni prima dell’uscita dell’omonimo album d’esordio. Nel frattempo i nostri hanno a suonato a Hyde Park prima degli Stones…

di Marina Montesano e Antonio Vivaldi

Insieme a King Krule, i Drenge sono il nome nuovo di maggior spicco di questo 2013 britannico. Il duo formato dai fratelli Eoin e Rory Loveless ha suonato a inizio luglio al festival di Glastonbury e l’esibizione ha suscitato un notevole interesse nonostante i due fossero esordienti o quasi. Addirittura il parlamentare laburista Tom Watson, nella sua lettera di dimissioni da coodinatore elettorale, ne consiglia l’ascolto al leader del partito Ed Miliband. In un altro post per il sito Noisey Watson scrive addirittura un’emozionata recensione del concerto: “Due fratelli; uno alla batteria e uno alla chitarra. Ho 46 anni. Dovrei occuparmi di leggere i consigli degli strateghi di mercato o approvare le idee di qualche tipetto intelligente per una campagna politica. Invece sono in un campo a Glastonbury che impazzisco per un ragazzo di nemmeno 20 anni che suona la chitarra come un ciclone del midwest”. Nobilmente, i fratelli Loveless hanno dichiarato che avrebbero preferito un tipo di pubblicità diverso (“meglio se la gente ci avesse conosciuto per conto proprio, anziché tramite una notizia di cronaca”), ma la vicenda ha contribuito ad aumentare l’hype intorno a loro e al loro omonimo album d’esordio, in uscita a fine agosto. Di sicuro la musica dei Drenge, fresca, carica e vitale, lascia il segno, pur dovendo molto a modelli come White Stripes e Black Keys. Quest’intervista con il cantante e chitarrista Eoin Loveless conferma la determinazione del duo, insieme a una certa sobrietà da ragazzi di campagna ben lontana dalla presunzione istituzionalizzata di molti loro colleghi.

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Qual è l’origine del nome del gruppo e come si pronuncia?
Il nome proviene dalla parola danese che significa “ragazzi”. Rory l’ha imparata durante uno scambio di ospitalità. Di norma i danesi non pronunciano la ‘g’, ma ci piaceva il suono della parola banalizzato da una pronuncia inglese classica. In inglese non significa niente, per cui potrei dire che è la rappresentazione onomatopeica del gruppo.
Quando avete cominciato a suonare insieme? Esperienze precedenti?
Da piccolissimi abbiamo preso lezioni di musica, poi siamo passati attraverso un’orrida fase durante la quale abbiamo suonato cover dei Razorlight e dei Coldplay in sale di paese. Quando abbiamo capito che a nessuno importava una sega delle cover (e dopo aver ascoltato per un po’ altri gruppi e altri stili) abbiamo cominciato a scrivere le nostre cose.
White Stripes e Black Keys sono due nomi associati alla vostra musica, forse solo perché anche voi siete un duo. Vi sentite in qualche modo legati a loro?
Ai Black Keys non troppo, mentre siamo cresciuti ascoltando i White Stripes per cui abbiamo assorbito completamente il loro suono e la loro idea di fare un sacco di rumore. Mi piace la loro capacità di mantenere semplici le cose e di riuscire a fare quello che avevano esattamente in testa. Get Behind Me Satan è un album davvero pazzesco. Difficile pensare ad altre band che abbiano quella fantasia o il coraggio di fare un cambio di direzione altrettanto netto.
Dal vivo suonate qualche cover? Se sì, come le scegliete?
Facciamo una versione abbastanza semplice di I Just Wanna Make Love To You, che però intitoliamo I Don’t Wanna Make Love To You [un classico del repertorio di Etta James presente anche nell’album, nda]. La somiglianza è quasi solo nella struttura. Parte in stile un po’ grunge prima di diventare più ritmica e stridente.
Molte band giovani vengono acclamate dalla stampa e diventano famose prima di avere pubblicato alcunché (Palma Violets, The Strypes) e ora questo sembra capitare anche a voi. Un bene o un male?
È una questione controversa. Qualsiasi forma di promozione o hype è utile per creare interesse intorno al gruppo. A sua volta questo interesse dovrebbe manifestarsi sotto forma di vendita di dischi o biglietti di concerti. Per noi la faccenda è diversa e ignoriamo tutto questo. Non ci entusiasma e non ci aiuta a scrivere musica migliore. [L’intervista è precedente al ‘caso’ Tom Wilson, nda]
Bloodsports e Backwaters sono due ottimi singoli e anche l’album suona potente. È stato difficile scrivere pensando a un intero disco?
Abbiamo registrato due session che erano pensate per due EP distinti. L’idea di un album d’esordio mi creava dei problemi; non pensavo fossimo ancora maturi. Abbiamo registrato un’altra session e quando abbiamo messo in fila i pezzi l’effetto d’insieme è stato piuttosto buono; una sorta di piccola storia del gruppo. Ora che l’album di debutto è andato, mi sento più sicuro riguardo al prossimo EP/LP. La pressione è scemata.
Arrivate da una zona bucolica dell’Inghilterra come il Peak District, mentre la vostra musica è piuttosto urbana. Vivete ancora lì?
Sì, viviamo ancora in campagna con i nostri genitori. Non concordo nel definire urbana la nostra musica. Per me Backwaters suona come un pezzo folk suonato con un pedale per il fuzz. Il suono urbano è forse dovuto al fatto che siamo topini di campagna che vedono questo mondo eccitante subito oltre la collina e, nel bene o nel male, lo sentono lontano.

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Il video di Backwaters mette un po’ a disagio (anche se è piuttosto bello). Sfasciare la macchina è stato divertente o strano? E cosa ci dici della ‘rissa’ con tuo fratello alla fine del video di Bloodsports?
[Girare il video di Backwaters] è stato davvero stressante. C’erano un sacco di vetri. Per noi non è un’attività normale, ma dovevamo dare l’impressione di sapere quel che facevamo. Guidare la macchina in mezzo ai campi è stato molto divertente. La rissa è stata mezza vera e mezza preparata. Eravamo nervosi perché ci avevano appena cacciati dal cinodromo e sapevamo di non avere abbastanza materiale filmato per il video. Cantare in un microfono in un parcheggio era un’idea un po’ di merda. È anche l’occasione più recente in cui ho ‘battuto’ Rory in una rissa.
Come è stato suonare a Glastonbury?
A Glastonbury è stato davvero grande. Il concerto significava molto per noi a livello personale, quindi non eravamo molto impressionati dall’aspetto superficiale di suonare al festival. Inoltre ho visto un sacco di esibizioni eccezionali. Nick Cave è stato pazzesco. Sono rimasto in uno stato di shock per tutto il concerto. Ottimi anche i Goat e gli Hives, così come certa incredibile roba di teatro.
Cosa ha in serbo il futuro?
L’album esce il 19 agosto. Da lì in avanti concerti e ancora concerti sino alla fine dell’anno.

 

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Il testo originale dell’intervista:

Where does your name come from and how do you pronounce it?
Our name comes from the Danish word for boys, which Rory picked up from an exchange trip. Danes tend not to pronounce the G, but we liked how the word sounded coming from a lazy English pronunciation. It has no meaning in English, so it’s a kind of onomatopoeic representation of our band I guess.
When did you start playing music together? Any previous experience?
We’d had music lessons together when we were really tiny, and then went through an awful phase of playing Razorlight and Coldplay covers in village halls. When it became really obvious no one gave a shit about covers (and we spent a bit of time listening to other bands and styles of music) we started writing our own stuff.
White Stripes and Black Keys are two names associated to your music, but maybe just because they are both duos. Do you feel any connection to them or their music?
Not so much with the Black Keys, but we grew up listening to The White Stripes and so we totally got their sound and the way they could make so much noise. I love how simple they keep things, and how they did exactly what they wanted; Get Behind Me Satan is such an insane album, you can’t imagine many bands to have the imagination or guts to pull off that change in direction.
Do you play covers at your shows? If it is the case, how do you choose them?
We do a slight rendition of I Just Wanna Make Love To You, but we call it I Don’t Wanna Make Love To You. It’s resemblance is pretty skeletal. It sort of heads off in some grungey direction before becoming more rhythmical and scratchy.
Many young bands are hyped and become famous before they have anything recorded (Palma Violets, The Strypes) and now it seems to be your case as well. Is it good or bad?
It’s a moot point. Any sort of promo/hype is good for generating interest in the band, which in turn manifests itself, allegedly, in ticket/album sales. For us it’s a different story, we ignore it. It doesn’t excite us or help us write better music.
Bloodsports and Backwaters are very good singles, and also the album sounds powerful. Was it difficult to start writing with an album in mind?
We recorded two sessions meant for two separate EPs. I’d always struggled with the idea of recording a debut record. I didn’t think we had it in us. We recorded another session and when we put the tracks together it worked really well, like a small history of our band. Now that the debut is done, I feel a lot more confident about out next EP/LP. The pressure is off.
You come from the Peak District, a bucolic area, while your music is quite urban. Do you still live there?
Yeah, we still live with our parents in the countryside. I don’t agree that our music is urban. To me, Backwaters sounds like a folk song played through a fuzz pedal. The urban sound is probably just us being country mice and seeing this exciting world that’s just over the hill, and for better or worse, feeling removed from it.
The video of Backwaters is a bit unsettling (although quite good). Was it funny (or strange) to smash the car? And what about the ‘fight’ with your brother at the end of the Bloodsports video?
It was really stressful. There was a lot of glass. It’s not a normal activity for us, but we had to look like we knew what we were doing. Driving the car round the field was a lot more fun. The fight was semi-real, semi-staged. We’d just been kicked out of the dogs and we were stressed and knew we didn’t have enough footage for the video and me singing into a mic in a car park looked really shit. It’s also the most recent occasion that I’ve ‘beaten’ Rory in a fight.
How was playing Glastonbury?
Glastonbury was really great. The show meant a lot to us both personally, so we weren’t particularly phased by the superficial side of playing the festival. I got to see a lot of great acts as well. Nick Cave was terrifying. I was in shock for his whole set. Goat and The Hives were really great too, as well as some of the crazy theater stuff.
What to expect next?
The album is out on August 19th. From then on it’s gigging through to the end of the year.

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