Da Omero al rock - Intervista a Marco Zoppas | Tomtomrock

Da Omero al rock – Quando la letteratura incontra la canzone.

Da Omero al rock - Intervista a Marco Zoppas | Tomtomrock

Il titolo è sicuramente impegnativo. Da Omero (ammesso che sia mai esistito) per arrivare al rock passano più o meno 29 secoli. Maurizio Stefanini e Marco Zoppas hanno affrontato  l’impresa con coraggio e metodo. Dopo Omero vediamo scorrere la Bibbia, i trovatori, il melodramma italiano, Céline, Pasolini, Ellroy, “guajira Guantanamera” e, inevitabilmente, Bob Dylan che, come vedremo, è il casus belli che ha indotto Stefanini e Zoppas a intraprendere la scrittura del volume. 

Da Omero al rock (pubblicato da Il Palindromo) si muove bene lungo questo impegnativo crinale cronologico evitando di essere troppo cattedratico e non cadendo nel rischio dell’aneddotica fine a se stessa. Un libro che spiega e si spiega bene, cosa rara di questi tempi. Un libro che suscita spontaneamente diverse domande a cui ha risposto uno dei dei due autori, Marco Zoppas, che conosciamo anche come firma di Tomtomrock. 

Quando è nata l’idea di scrivere questo libro? Viene da pensare che lo spunto sia stato il Premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan…

Sì, nasce da lì. Il Nobel a Dylan è stata l’occasione per parlare di poesia come nessuno ormai faceva da molto tempo. Se hai notato il termine poesia e il tentativo di definire cosa sia una poesia sono tornati in auge, e secondo me questa ondata non è una cosa superficiale, non finirà così presto.

Da Omero al rock è un titolo impegnativo. A prescindere dall’esistenza o meno di Omero, sono secoli di storia. Vi siete sentiti geniali o incoscienti quando avete deciso di dedicarvi a questa impresa?

Né geniali né incoscienti. Io mi sentivo confidente, nel senso che mi fido delle conoscenze di Maurizio. Appartiene a lui il percorso che ci conduce da Omero ai giorni nostri, e secondo me lo ha trattato in maniera convincente. E poi il titolo Da Omero al rock da lui proposto lo trovo bellissimo. Come rinunciarci?
Da Omero al rock | Marco Zoppas
Omero?

Come si scrive un libro a quattro mani?

E’ abbastanza facile per la mia esperienza. Si crea un percorso e si suddividono i capitoli di pertinenza. Poi si dialoga e ci si scontra sulle bozze finali.

Nella stesura di questo libro ti è capitato di cambiare idea su qualche artista o su qualche tema?

Mi è capitato con Philip Roth. Ho trovato un suo difetto. Mentre leggevo Pastorale Americana ho avuto un momentaneo problema famigliare che per fortuna si è risolto presto. Ecco, non bisogna leggere Roth quando si è giù di umore. Ho avuto la sensazione che lui ci provi gusto a scandagliare fino in fondo la sofferenza. E così ho voluto paragonarlo a Leonard Cohen che secondo me agisce proprio in maniera contraria. Se ti senti giù Leonard ti accompagna e poi ti aiuta a rialzarti, non è affatto deprimente come a volte viene descritto.

Da Omero al rock - Intervista a Marco Zoppas | Tomtomrock

Bob Dylan è certamente una tua grande passione. Puoi spiegarci come è nata?

Avevo 14 anni e ho comprato At Budokan, il disco live di Dylan del 1978. Non capivo l’inglese allora e mi ha conquistato. E’ stato il sound ed è stata la voce, non le parole all’inizio. Io sono cristiano da parte di padre e ebreo da parte di madre. Quando Dylan si è convertito al cristianesimo ero uno dei pochi ad esserne contento: era diventato un ibrido come me, in un certo senso.

Qualcuno continua a storcere il naso se sente parlare di canzone come letteratura. Nel libro tu e Maurizio siete piuttosto convincenti nel raccontare che la canzone è più vicina a Omero, il padre della letteratura, di quanto non lo sia la letteratura odierna. Giusto o sono io che ho interpretato in modo troppo ardito?

Sì, è così, anch’io ho interpretato così. Mi fermo qui perché questa è la parte trattata da Maurizio e non vorrei dire castronerie. Direi che è la parte che dà una valenza accademica al nostro lavoro.

Non pensi che nel caso della canzone si tenda a porre l’accento sulla sua dimensione commerciale, mentre la letteratura è considerata comunque più elevata? Eppure esiste molta letteratura di modesta qualità…

C’è un atteggiamento snob nei confronti dei testi di musica leggera. Ma vorrei ricordare quelli che vengono considerati i mestieri più antichi del mondo: la prostituta, la spia e il poeta. Prostitute e spie vanno alla grande, ma i poeti che oggi scrivono e basta (senza musica), chi li ascolta?

Nella tua scrittura saggistica non mancano le analogie ardite, il gusto per le tessiture da scoprire sotto la superficie dei fatti. E’ un istinto naturale?

Prima facevo un sincero atto di modestia dicendo che non sarei stato in grado – da solo – di ravvisare un’analogia tra Omero e i poeti rock. Ora ti ringrazio per il commento e dico che sì, trovare collegamenti a prima vista impensabili mi viene naturale. Come dice lo “spazzaturologo” citato da DeLillo e anche alla fine del nostro libro, “tutto è collegato”. Lo spazzaturologo è ovviamente AJ Weberman che rovistava nella pattumiera di casa Dylan, ma questa è una lunga storia.

Mi pare che l’ottavo capitolo del libro, “Hotel California”, sia tuo. E’ anche il capitolo più “letterario” di tutto il testo. C’è un Marco Zoppas scrittore di fiction?

Sì, è mio. Confesso che dopo tre lavori di saggistica ho scritto un racconto frutto della mia immaginazione. Ho un “comitato” di cinque persone che leggono quello che ho in mente di pubblicare, e purtroppo a nessuno dei cinque è piaciuto il mio racconto. Recentemente ho coinvolto una sesta persona a cui invece il racconto è piaciuto. Ci sto pensando seriamente.

Da Omero al rock - Intervista a Marco Zoppas | Tomtomrock
Pier Paolo Pasolini

Nel libro si definisce Pier Paolo Pasolini “il poeta più rock del nostro Novecento”. Altri poeti o scrittori che tu trovi vicini al rock?

Nel libro dico che senza Céline, che ha saputo svecchiare la letteratura togliendola dal piedistallo, e senza Henry Miller non ci sarebbe stata la letteratura rock. Un taglio rock ce l’hanno Houellebecq e James Ellroy, ma il primo denigra l’idolatria rock e il secondo semplicemente la ignora. Secondo me una sensibilità rock ce l’ha Donna Tartt, che nel libro ho colpevolmente ignorato.

 A un certo punto si spiega che il libro non parla di hip-hop per una questione generazionale. Potrebbe essere comunque l’oggetto di un prossimo volume?

Mi piace l’hip-hop. Nel presente e nel futuro vedo cose buone soprattutto da lì. Ma non me ne occuperei io. Devono essere i ventenni/trentenni di oggi a farlo. Mi spiace però a volte notare che non sappiano più chi erano i Public Enemy oppure Ice-T per cui mi piacerebbe essere coinvolto in un progetto del genere, ma bisogna considerare che le cose vanno di fretta e fra un po’ anche Eminem e Kendrick Lamar saranno considerati vecchi se non si aggiudicano lo status di “classici” come è successo agli Stones o Dylan.

 Da Omero al rock è uscito ormai da qualche mese. Quali sono state le reazioni?

Ha avuto buone recensioni, ma secondo me per avere i numeri giusti bisogna andare in televisione.

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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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