Paul McCartney 2

Paul McCartney 2

L’amore per la musica rock, la voglia di sperimentare, il senso dell’avventura: tutto in un solo disco, giustamente intitolato New, per un ultrasettantenne che non smette di “comportarsi come un adolescente”. Un autoritratto in movimento, insomma un regalo per i lettori di TomTomRock e per tutti gli amanti del buon pop: John Vignola intervista Paul McCartney.

Nella canzone che dà il titolo al disco parla di nuova vita, di cambiamento, di libertà…
Sì, sono temi che vivo direttamente, ogni giorno. Sarebbe sorpreso della libertà con cui conduco la mia vita privata: molte altre celebrità restano chiuse a chiave a casa loro, hanno paura della gente. Io non mi nego nulla: vado al cinema, corro per strada, faccio la spesa e nessuno mi dà fastidio. Pratico la stessa libertà anche quando scrivo e produco musica: sono fortunato, certo, ma ogni volta che arrivo a un album nuovo è come se fosse la prima volta. Non mi faccio intimorire da quello che ho fatto prima.
A proposito, per il cd si è concesso la libertà di lavorare con quattro diversi produttori.
È stato un modo per dare alle canzoni la voce giusta, la personalità che le rendesse diverse le une dalle altre. Ogni produttore ha dato il suo stile, sono tutti bravi e hanno reso ogni pezzo differente, vivo, avventuroso. È stato un percorso interessante perdersi nelle braccia di altri, per vedere se sono ancora io.
E si è ritrovato?
Sì, ma non troppo. Ho portato l’album a una festa di amici e nessuno ha capito che era mio… Alla faccia di chi dice che il mio marchio è sempre riconoscibile.
New è molto intimo, meno grandioso di altri suoi dischi.
Sa come dicono, le dimensioni non contano. È bello entrare in studio con tante idee e realizzare in fretta un album. Alle volte basta una piccola stanza, per cucire assieme buone melodie e arrivare al punto. L’importante è non dimenticarsi che si è al servizio della musica.
La sua amicizia con Lennon: fiumi di inchiostro, ma la verità sfugge ancora.
Credo che il miglior ricordo del mio rapporto con John siano le canzoni: una testimonianza, e non è un paradosso, più veritiera di tante altre cose che si sono scritte, oggi come allora.
Alle volte, un pezzo può raccontare quasi inconsciamente la verità. Penso a Yesterday, che parlava di mia madre, morta cinque anni prima, che mi mancava tanto: all’epoca nemmeno lo sapevo, ma era il mio modo per dirle addio.
Qualcuno, ancora a proposito di lei e John, ha detto che molti brani scritti da voi dopo la fine dei Beatles fossero litigi a distanza.
Lo hanno detto, ma non è vero: avevamo solo scritto le nostre storie, tutto qui. Era inevitabile che fossero diverse fra di loro.
E cosa mi dice della vita in un gruppo: facile o difficile?
Per me, l’amicizia, o meglio, l’intimità è il primo passo per lavorare bene assieme. Che fossero i Beatles o i Wings, mi sono sempre sentito alla pari con gli altri: tu magari firmi le canzoni, ma il lavoro è sempre collettivo. Anche da solista: condivido New con tutti quelli che hanno collaborato alla sua produzione.
C’è un po’ di tristezza, nei testi.
È bello essere tristi: è un modo per sentirsi vivi. Solo gli stupidi ridono sempre.

paul mccartney 1

Consiglierebbe a un adolescente, oggi, di suonare in una band?
È un lavoro molto difficile. Tutti pensano che i Beatles abbiano avuto successo istantaneamente. Invece, è stata dura, soprattutto nei primi concerti. Abbiamo vissuto tanti momenti stressanti, ma invece di piangere cercavamo di ridere.
Ecco, il tentativo di cambiare il pianto in riso è alla base del pop che funziona. Tutto questo ci riporta ancora all’importanza di far parte di un gruppo: è importante, perché condividere, procedere fianco a fianco e pure litigare, se serve, rende le cose migliori. Con la mia band di oggi ridiamo sempre: vediamo il lato divertente, anche delle cose orribili. È umano, no?
In un’intervista recente ha dichiarato di non ricordare tutte le canzoni che ha scritto. Quanto rischia di ripetere se stesso?
Puoi solo provare a non ripeterti: ogni volta che ti sembra di richiamare te stesso, ti devi fermare e ricominciare da capo. Mi ricordo la prima canzone che scrisse Ringo: ci era piaciuta molto, cominciammo a suonarla e… ci accorgemmo che era un pezzo di Dylan (risate, NdR). Bisogna essere cauti, controllare sempre, non fidarsi della propria intuizione.
Per chiudere con New, lei racconta spesso del suo passato…
Alla fine, uno dei recapiti migliori per trovare l’ispirazione è il passato. Apprezzo il lusso di avere grandi ricordi e di poterli esplorare: nelle tracce del cd ci sono momenti in cui mi immagino ancora al fianco di John. Che commozione.
Non sono il solo in questo: credo che parecchi usino il passato e le emozioni che hanno provato per aiutarsi nel presente, e magari per attraversarlo senza ulteriori ferite.

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Ammiratissima voce radiofonica di Rai Radio 1, John Vignola è anche autorevole esperto di musica. Ha collaborato per anni con riviste quali Rockerilla e Mucchio Selvaggio, oltre a occuparsi di rock e dintorni per diverse testate “generaliste”. Faticherebbe a vivere felice senza i Beatles.

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