Paint It Black: James Ellroy tinge di nero il sole della California.

“Mattina presto, il quattro di aprile / Uno sparo risuona nel cielo di Memphis / Libero finalmente, ti hanno preso la vita / Non potevano prendersi il tuo orgoglio”. Sono i versi dedicati a Martin Luther King tratti da Pride degli U2, l’ennesima canzone rock dalle buone intenzioni, molto lontani dalla spietatezza della Trilogia Americana di James Ellroy. Il suo omicidio avviene nel 1968, periodo in cui l’Fbi ha già predisposto – come dimostrano parecchi documenti declassificati – operazioni di controllo, infiltrazione e provocazione volte a schedare persone o associazioni considerate ostili agli Stati Uniti.

 

I servizi segreti si appostano seguendo con cura spostamenti e vita privata di Martin Luther King. All’inizio le registrazioni fanno parte di un programma denominato Solo perché condotto “solo” da due fratelli, Morris e Jack Childs, ex comunisti passati nei ranghi dell’Fbi. Curiosamente in Italia viene allestito quasi in concomitanza il piano Solo. Affidato “solo” ai carabinieri comandati dal generale Giovanni De Lorenzo contro un eventuale governo di centro-sinistra. Nella lista dei sovversivi compare il nome di Pier Paolo Pasolini, ma questa è un’altra storia… Anzi, una storia sbagliata – come canteranno Fabrizio De André e Massimo Bubola.

I gusti musicali di James Ellroy

Di James Ellroy si sa che ama ascoltare la musica di Beethoven. Le sue posizioni politiche sono conservatrici e ha interesse soltanto per gli avvenimenti che vanno dal secondo conflitto mondiale a metà anni settanta. E’ lì che secondo lui l’America dimostra di non essere mai stata innocente. Ma per ben inquadrare il suo pensiero bisogna capire o meglio accettare una cosa essenziale: egli dà per scontato che gli assassinii dei fratelli Kennedy e di Martin Luther King siano stati omicidi su commissione. Nella sua versione dei fatti la teoria dell’assassinio solitario viene fabbricata a tavolino per dare in pasto ai media e alla coscienza collettiva un capro espiatorio, a sua volta ignaro di un disegno preordinato ben più complicato da analizzare.

James Ellroy rilegge la storia americana

La debacle della Baia dei Porci rappresenta, secondo Ellroy, uno dei momenti cruciali che hanno cambiato la storia dell’America. Forse non tutti sanno che il 17 aprile 1961, giorno della fallita invasione di Cuba sponsorizzata dalla Cia, Leonard Cohen si trovava proprio lì all’Havana. Dal suo hotel poteva sentire il fuoco antiaereo e vedere lo spiegamento delle truppe. Il motivo del suo soggiorno non ha ancora trovato una spiegazione presso i suoi biografi.

 

Forse era sulle tracce di Garcia Lorca oppure in cerca di avventura. Leonard nel descrivere quell’esperienza non risparmia l’autocritica definendosi nella sarcastica Field Commander Cohen. “La nostra spia più importante / ferito nell’adempimento del dovere / nel paracadutare acido alle feste diplomatiche / e indurre Fidel Castro ad abbandonare campi e castelli”.

Il peggio del disappunto verso se stesso arriva nel ritornello. “So che ora hai bisogno di dormire / so che la tua vita è stata dura / ma in molti stanno morendo / proprio dove avevi promesso di star di guardia”. Anche se poi ha rivendicato in una lettera di essere stato una delle poche persone della sua generazione preoccupata per la situazione cubana abbastanza da volerla andare a osservare di persona. “Da solo, senza inviti ufficiali e anche molto affamato quando i soldi sono finiti, ma assolutamente indisponibile ad accettare anche solamente un panino da un governo che sparava ai prigionieri politici”. E chi può dargli torto? Di solito le rockstar si dileguano quando il gioco si fa duro.

L’American Tabloid di James Ellroy

Ma torniamo ai noir di Ellroy dove il rinomato sole californiano non ha nessuna voce in capitolo. E tantomeno il miracolo economico della Silicon Valley. L’ambiente di Hollywood mostra soprattutto il suo lato cinico. I giornalisti della rivista Hush-Hush – una sorta di Dagospia ante litteram – assoldano e corrompono i personaggi principali di Ellroy per appropriarsi degli ultimi gossip riguardanti le stelle del cinema. La maldicenza regna sovrana. Si svelano i retroscena sulle predilezioni erotiche dei divi. Molti di essi sono “fruits”, cioè gay, in un’epoca in cui era sconveniente farlo sapere.

 

Non a caso il celebre hit Tutti Frutti di Little Richard va inteso come uno dei primi coraggiosi tentativi di fare “coming out”. Altri sono tossicodipendenti, xenofobi, fanatici, sadici, corrotti, comunisti tentati dalle tangenti, suprematisti bianchi. Tutti sono ricattabili nel sottobosco dello spettacolo, regola numero uno per poter partecipare al gioco.

 

I ricchi e famosi (o “the rich and infamous”, come li chiama il rapper Ice T) coltivano in fondo il desiderio recondito di essere scoperti nelle loro trasgressioni sessualmente sconce e religiosamente riprovevoli. Ellroy è maestro nello svelare i meccanismi del potere. Pericolose qualità vanno anche ricercate nell’individuazione del candidato perfetto, ossia il capro espiatorio da utilizzare per sviare l’opinione pubblica nei casi di eliminazione di noti personaggi politici.

Il perfetto colpevole di Ellroy

Le masse vanno sedotte e sedate. Bisogna trovare qualcosa di così grosso e audace che nessuno sospetti mai dei veri artefici e si verifichi un rifiuto collettivo della verità. Bisogna fornire una spiegazione che sia preferibile alla realtà. Per quanto riguarda il presidente Kennedy trovano in Oswald la copertura ideale: un finto assassino castrista. Il capro espiatorio deve essere “volubile, arrendevole, di limitate risorse e astuzia, socialmente maldestro, facilmente dominato da personalità più forti e manipolato a livello di convinzioni politiche”.

Meglio ancora se a) è affetto da serie turbe mentali e narcisismo; b) è riconoscente alle figure di sostegno per contributi in denaro e stupefacenti; c) è schiavo della droga o deteriorato dall’abuso di alcol. Deve essere inoltre disposto a sparare in prima persona, “e noi potremmo essere in grado di manovrarlo nel contesto e/o controllare tale contesto”.

A leggerli bene i libri di Ellroy diventano un manuale su come agire sotto copertura, eliminare il problema alla fonte e insabbiare le indagini. Soprattutto, ma non solo, quelli della trilogia americana.

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Trevigiano di nascita e romano di adozione. Nel maggio 2016 ha pubblicato “Ballando con Mr D.” sulla figura di Bob Dylan, nel maggio 2018 “Da Omero al Rock”, e nel novembre 2019 “Twinology. Letteratura e rock nei misteri di Twin Peaks”.

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