Delorean 4

Delorean 4

 La storia del sequestro a Città del Messico dei quattro musicisti baschi ha una sua grottesca grandezza, lati oscuri inclusi    

di Antonio Vivaldi

A inizio settembre la redazione di Tomtomrock aveva deciso che Apar dei Delorean era un disco troppo inconsistente per meritare una recensione. Trascorso un mese ce ne eravamo quasi dimenticati, quando è arrivata una notizia fra il drammatico e il grottesco: il 7 ottobre i quattro musicisti baschi sono stati rapiti, e rilasciati 30 ore dopo, a Città del Messico. Insomma, “rapiti” è un termine un po’ forte, visto che si è trattato di quel che la polizia messicana, probabilmente con risatine in sottofondo, ha definito “rapimento virtuale” (o tempora o mores, a breve arriverà pure quello digitale…). Le cose sono andate all’incirca così: in tournée  in Messico, Ekhi, Igor, Unai e Guillermo si trovano in un albergo della capitale, il Four Points, quando la telefonata di un sedicente poliziotto li induce a cambiare sistemazione per motivi di sicurezza. Secondo altra fonte, il trucco di partenza ha connotati più esuberanti: è  un appartenente alla locale gang degli Zetas a spiegare al gruppo che ci sarebbe stata a breve una sparatoria in hotel, da cui il saggio consiglio. Nel nuovo albergo (sarebbe interessante sapere come si chiama, giusto per verificare i giudizi su TripAdvisor) i quattro si vedono costretti a consegnare i cellulari (o a distruggerli), ad acquistarne di nuovi e a contattare i propri familiari spiegando di essere stati rapiti. O forse sono i cattivi Zetas a fare le telefonate e a chiedere come riscatto una cifra variabile, a seconda delle fonti (o di chi telefona?), fra i 5 e i 20 milioni di pesos. In realtà le minacce sono solo virtuali e telefoniche, qualcosa del tipo “Attenti a voi chill-wavers del cazzo che se no vi spariamo e stronchiamo pure il vostro disco sul nostro sito” oppure “Oltre ai soldi procurateci anche biglietti e backstage pass  per le Icona Pop”. Dopo un giorno e mezzo l’intervento congiunto di polizia messicana, spagnola e basca (“Mani in alto, siamo l’Ertzaintza!” “L’Erzaché?”), libera i Delorean dall’imbarazzante situazione. Qualche tempo dopo si viene a sapere che gli Zetas non c’entrano nulla con il rapimento, e va bene così perché, ci fossero stati di mezzo loro, la cosa non sarebbe finita a empanadas e vino.

 

delorean

Ora, ammettiamolo, i nostri non ci hanno fatto un figurone, così come non si sono dimostrati cuori impavidi quei  musicisti spagnoli – John Talabot e Pional – che hanno subito cancellato le loro date messicane. Però dei Delorean si è parlato  e noi abbiamo risentito Apar, che continua a sembrarci un disco sciapo per chi lo vuol ballare e noioso per chi lo vuole ascoltare.  Chissà che la disavventura non possa fungere da spunto creativo per una formazione che,  giunta al quarto album, sembra ormai a corto di idee.  E poi, a pensarci bene, potrebbe essere una buona idea rapire virtualmente, per qualche ora e a scopo rieducativo (“Mo’ ti ascolti Danny Brown”) chi incide dischi modesti. Attento a te, Moby…  

 

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