Rock e letteratura: Il mio cuore messo a nudo

A volte nevica in aprile.

A Charles Baudelaire piaceva molto l’espressione coniata da Edgar Allan Poe “il mio cuore messo a nudo”, tanto che la utilizzò per dare un titolo al suo diario personale. Ecco la vera e più importante funzione della letteratura: mettersi a nudo in una maniera che gli altri mezzi di espressione non ti permettono di fare. In fondo le stesse canzoni rock arrivano al cuore delle persone soprattutto se l’autore parla di vita vissuta, di contenuti forti e personali.

Rock e letteratura: Il mio cuore messo a nudo

Nel mio piccolo vorrei provare a fare lo stesso. Altrimenti, diciamocelo, che senso ha occuparsi di una rubrica che si chiama “rock e letteratura” se poi non sei disposto a metterti in gioco? Confesso fin da subito che ho la lacrima facile quando vedo un bel film o ascolto una bella musica. Nella quotidianità invece, per le cose reali, piango assai poco. Forse vivo in una dimensione immaginaria.

Ne Me Quitte Pas di Jacques Brel

 

Sono tre le canzoni che mi spezzano il cuore. Dalla prima, Ne Me Quitte Pas di Jacques Brel, sono ormai fortunatamente immunizzato grazie alla famosa imitazione di Gigi Proietti “Nu’ me rompe er ca”. Prima di vedere Proietti, pur non capendo una sola parola di francese, non riuscivo ad ascoltare Ne Me Quitte Pas senza esserne profondamente scosso.

Omaggio a Tommy

Devo molto alla comunità gay. In particolare, alla grande amicizia che mi ha legato a un ballerino nel periodo in cui ho vissuto a New York a metà anni ottanta. Si chiamava Tommy. A partire dalla sua abitazione in Avenue D mi ha fatto conoscere la città in un periodo pre-Rudi Giuliani in cui New York era ancora pericolosa. Lui omosessuale, io eterosessuale, ci siamo sempre rispettati e la sua comunità mi ha aperto le porte facendomi sentire a casa lontano da casa.

Sometimes It Snows In April di Prince

Non riesco ad ascoltare Sometimes It Snows In April di Prince senza pensare a Tommy. E’ una canzone di commiato. Nel testo Prince si chiede se il suo amico, a cui dedica le sue struggenti parole, non se la passi meglio ora che è passato a miglior vita rispetto a tutti noi che siamo rimasti qui. La primavera, dice, era sempre stata la sua stagione preferita (“a time for lovers holding hands in the rain”) finché il suo amico non se n’è andato per sempre in aprile. Ora la primavera gli ricorda un vuoto e la mancanza di un amico. Spera di poterlo rivedere un giorno.

Una grande malattia con un piccolo nome

Anch’io nutro la stessa speranza nei confronti di Tommy. Infatti il mio amico passò a miglior vita in seguito a “una grande malattia con un piccolo nome”, così Prince descrive l’Aids in Sign O’ The Times. Ricordo ancora la telefonata che ricevetti a Treviso dall’ospedale di New York. Fu l’ultima volta  che ci siamo parlati. Il giorno dopo lui morì. A volte mi prendono i sensi di colpa perché avrei potuto fare molto di più. Oggi spero che ci sia ancora un punto di contatto fra noi, e forse probabilmente mi illudo.

Lou Reed – Halloween Parade

Halloween Parade è la canzone dedicata da Lou Reed alle vittime dell’Aids. La caratteristica strabiliante del brano è che l’Aids non viene mai direttamente nominato. Ma tu sai, mentre ascolti, che tutte le persone assenti durante la parata di Halloween descritta da Lou Reed hanno contratto il morbo. E non ci sono più proprio per questo motivo. E’ una canzone sulla perdita dei tuoi cari, un tema che Lou svilupperà ancora più a fondo in un album successivo – Magic And Loss.

Queste sono le tre canzoni che ancora mi fanno piangere, e secondo me sono letteratura benché della prima citata a inizio articolo io non conosca bene il testo. Quali sono le vostre?

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Trevigiano di nascita e romano di adozione. Nel maggio 2016 ha pubblicato “Ballando con Mr D.” sulla figura di Bob Dylan, nel maggio 2018 “Da Omero al Rock”, e nel novembre 2019 “Twinology. Letteratura e rock nei misteri di Twin Peaks”.

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