Child Of Lov

Child Of Lov

Il 10 dicembre, causa complicazioni insorte in seguito a un’operazione chirurgica, è scomparso all’età di 26 anni il musicista belga Martijn Teerlinck, in arte The Child Of Lov. Ecco quanto ha scritto il manager dell’artista, Trey Reames: “A nome mio e della famiglia, ho il triste incarico di annunciare che Martijn Teerlinck, alias Cole Williams, alias The Child of Lov, alias Sun Patzer, non è più con noi. La sua vita è stata carica di sofferenze e ora può riposare in pace. Come lui stesso diceva: ‘In gioventù, ho vissuto anni difficili dal punto di vista fisico. Ho visto troppi letti di ospedale. Questo mi ha reso più forte. Serve per far capire a tutti che la morte è sempre vicina. E quale cosa meravigliosa sia la vita e quanto grati dobbiamo esserle.'”
Noi lo vogliamo ricordare riproponendo la recensione del suo primo e unico album come The Child Of Lov, risalente a soli otto mesi fa, quando di lui ancora poco si sapeva. Un disco pieno di belle promesse che, purtroppo, non potranno essere mantenute, incluso il “piglio sicuro da star” . Ad aumentare la malinconia contribuiscono i due video, in particolare quello teneramente sociale di Give It To The People. Volendo interpretare un po’ forzosamente le scelte del destino, viene da pensare che davvero non sia tempo per i Figli dell’Amore, men che meno quelli senza profili Facebook e Twitter.

 

The-Child-Of-Lov

THE CHILD OF LOV – THE CHILD OF LOV (Double Six – 2013)

di Marina Montesano

The Child Of Lov è l’ultimo di una serie di artisti che stanno rivoluzionando il panorama r’n’b, a lungo vittima di produzioni ridondanti e di scarsa sostanza. Di lui non si sa molto, se non che è forse originario dell’Olanda e si chiama Cole Williams; evidentemente il marketing ha deciso di giocare la carta del mistero, ma poco importa: il suo debutto omonimo fa già parlare e a ragione. Si tratta di un disco ricchissimo di spunti, nel quale il soul (Warrior) e il funky (Heal) incontrano il dubstep (Call Me Up, Living The Circle) e l’indie-pop dai toni ‘etnici’ (Give It To The People, One Day – con Damon Albarn). In Owl fa la comparsa anche  un po’ di rap, il video e il suono del primo singolo Give Me giocano bene con l’immagine del Dirty South. Più che in altri dischi recenti (Frank Ocean, The Weeknd ecc.) riconducibili ai generi qui praticati, in Child Of Lov l’impronta di Prince ci pare davvero molto marcata: si ascoltino, a titolo di esempio, Go With The Wind e Heal. I tanti rinvii non devono far pensare che The Child Of Lov sia un musicista derivativo, perché il suo esordio ha invece personalità e, a tratti, un piglio sicuro da star: soprattutto nell’epica Fly, il momento migliore del LP, esempio di soul-disco (persino nei riferimenti biblici del testo: “Down By The River Jordan …  Up On The Mountain Hebron”) come non si sentiva da tempo.

7.8/10

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The Child Of Lov: Fly

 

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The Child Of Lov: Give It To The People

 

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