Un disco di transizione per i Violent Femmes: We Can Do Anything.
We Can Do Anything prende forma quando Gordon Gano e Brian Ritchie, ormai due litigiosi cinquantenni, presi per il collo (e magari per il portafoglio) vengono convinti a riformare i Violent Femmes per alcune date ‘a grande richiesta’ e di conseguenza, dopo uno stop durato una quindicina d’anni, a tornare anche in studio. Prima esce un EP, Happy New Year, e ora questo nuovo disco. Le chitarre, le voci, forse anche le accordature sono sempre un po’ storte, mentre abbigliamento e acconciature, ahimè, meritano il velo pietoso. C’è un nuovo batterista, Brian Viglione (Dresden Dolls, Nine Inch Nails) che si adegua con entusiasmo allo stile sempre sbarazzino del gruppo. Tutto scorre, apparentemente fresco, anzi congelato nel tempo, nei recessi del primo, omonimo disco del 1983; d’altronde molti brani risalgono a diversi anni addietro. Manca del tutto, nella comunque godibile mezz’oretta di musica, la profondità scura di Hallowed Ground (1984), ibrido mai ripetuto di folk, jazz, gospel e follia che avrebbe potuto collocare il gruppo in una nicchia ben più importante, diciamo tra Jonathan Richman e Frank Zappa. Alcune riviste del settore celebrano il disco con voti forse esagerati, in realtà, come dice il titolo, i Violent Femmes possono fare di tutto, ma di certo possono farlo meglio.
6,8/10