Bob Dylan Concerto Roma

Sala Santa Cecilia, Auditorium Parco della Musica Roma, 3 Aprile 2018.

Bob Dylan Concerto Roma

Alle 21 in punto le luci dell’Auditorium si abbassano e Stu Kimball accenna l’intro; la band segue di lì a pochissimo e per ultimo passeggia verso il piano Bob: la cerimonia è iniziata. Raccontare un concerto di Bob Dylan diventa sempre più fare i conti con quello che ci si aspetta (o che il pubblico “normale” si aspetta). Chi conosce Dylan ha imparato da anni a non aspettarsi nulla di quello che hai in mente, tanto sai già che lui farà sempre di testa sua e ti offrirà quello che vuole, come vuole.

Bob Dylan e gli arrangiamenti

Bellissimo l’arrangiamento di Things Have Changed, ancora una volta diverso (lasciamo stare le possibilità di avere in rete – con audio sempre terrificante – spezzoni dei concerti precedenti: di solito li evito). È come se Bob volesse sottolineare il continuo e perenne mutamento delle cose e del proprio modo di vedere e rivedere le proprie canzoni.

Parte successivamente un poker di brani che viaggiano dal secondo album (Don’t Think Twice) a Tempest (Duquesne Whistle) e fra queste un gioiello di canto: Simple Twist Of Fate. La voce è avvolgente, sottolinea i passaggi e i sottintesi del testo e sembra di ascoltarla per la prima volta.

E che dire di Honest With Me?  Rischia di volar via dalla memoria perché la segue Tryin’ To Get To Heaven.  Anche qui Bob sussurra le parole, le prende dal profondo dell’anima e tutta la solitaria amarezza del testo diventa un fare i conti con la propria vita, con la vita di ciascuno di noi.

Il pubblico dell’Auditorium si fa sentire, ma con Bob Dylan è inutile

Inevitabile su Desolation Row il tentativo di (fortunatamente) pochi di poca fantasia che, esaltati dal video madrileno, hanno tentato di scandirne il tempo: Bob ha continuato a suonare infischiandosene bellamente  e il pubblico, quello buono, è restato in religioso silenzio ad ascoltare una meravigliosa esecuzione.

 

Love Sick – credo il punto più alto della serata insieme a Long And Wasted Years – è stata perfetta. Un addolorato canto d’amore perduto che si vuole dimenticare e che non riesce a uscire dalla mente. Splendida.

La conclusione del concerto e la voce del Bob Dylan 2018

Il ritorno della band sul palco per eseguire i due brani conclusivi  ha regalato Blowin’ In The Wind (non riesco a farmela piacere, comunque venga riproposta) e Ballad Of A Thin Man. E qui il pubblico ha finalmente dato sfogo al desiderio di immortalare con foto o con video questa serata romana.

Concerto impeccabile, in un luogo adatto al tipo di spettacolo che Dylan offre al suo pubblico. E la voce, tornata sicura ed espressiva (anche nelle tre cover di Sinatra, Bennett e Kosma-Prevert) è una promessa di altri, tanti, futuri concerti.

print

Nato con i Beatles e cresciuto con il folk americano, ho trovato in Dylan la sintesi perfetta di ogni cosa. Suono da molti e molti anni, prima in un gruppo (La Via del Blues) e poi in un duo che spesso si moltiplica con la partecipazione di amici che vogliono condividere il piacere/ divertimento di scrivere pezzi propri (The Doorways). Tom Petty, Byrds, The Band, Eric Andersen, The Outlaws, Bruce Springsteen e tanti altri.... Per me Clapton è ancora Dio.

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.