Mike Patton, Mondo Cane – Milano, 2 settembre 2019

Mike Patton - Mondo Cane | Milano - Teatro Arcimboldi

Mondo Cane è stata la colonna sonora dei nostri lunghi viaggi in auto degli ultimi anni. “20 km al giorno, 10 all’andata 10 al ritorno” nel primo tratto, con la seconda parte urlata come ossessi, per poi andare a zig zag cantando tutti “Era un uomo che non sapeva amaaare”, dandoci infine una calmata con la soavità di “Deep Down”.

Sapere di poterlo finalmente ascoltare dal vivo nella veste insolita e azzeccatissima di urlatore romagnolo anni ’60, impomatato e strizzato nella giacca bianca, con quello sguardo da folle e quella bocca da sbranare – inutile dirlo, mi ha sconvolto nel profondo.

La ‘bestia’ Mike Patton

Mike Patton, voce di Faith No More e Mr.  Bungle,  performer bestiale, mi ha sempre ricordato quelle scimmie in apparenza tranquille che però a un certo punto si incazzano e si scaraventano contro le pareti della gabbia urlando con la bocca spalancata, scuotendo le grate e facendo un casino pazzesco.

Capirete dunque la mia sorpresa quando sul palco gremito di orchestrali è arrivato quello che a tutti gli effetti sembrava un bidello col vestito buono. Nessuna bocca da sbranare o sguardo micidiale, nessuna arrampicata sulla gru delle luci, solo un uomo invecchiato precocemente, imbolsito e occhialuto. Fortuna che almeno aveva due belle trecce in testa come una scolaretta di terza elementare, unica traccia di follia rimasta.

Il concerto di Milano

La scaletta è impegnativa, 21 canzoni, tutte quelle dell’album del 2010 più diverse nuove che, se proprio vogliamo trovare un difetto, hanno risentito della poca pratica di pronuncia e sillabazione, ma possiamo fargliene una colpa, quando urla “Con le pinni, fuccilli ed occhialli”, di questi difettucci? O è meglio farsi trasportare dal crescendo di questa voce che proprio al suo apice non resiste e volge alla beffa e all’urlo satanico, novello bidello che batte la gamba e agita il braccio tanto da indurti a pensare che potrebbe lanciare il megafono contro il direttore per poi strangolare il primo violino?

La band di Mike Patton

Meglio farsi trasportare. L’orchestra è composta da musicisti italiani illustri, fra tutti Roy Paci, Enrico Gabrielli e Alessandro “Asso” Stefana. Il concerto inizia languido e dolce con Il cielo in una stanza, ma si fa subito ruvido con un colpo di pistola sparato da Patton stesso per attaccare Che notte! di Buscaglione, in cui si inserisce Roy Paci con la sua tromba a cui la voce di Patton fa da secondo strumento, acuto e dal metallo tagliente. La scimmia è tornata, la rabbia monta fino a esplodere in Urlo negro, vera prova da primate, quasi dieci minuti di energia fotonica contagiosa che a momenti fa venire giù i pannelli laterali dell’Arcimboldi.

Il direttore chiude il pezzo, il pubblico è stremato, Patton senza fiato. Che notte questa notte.

Vorrei stringere il braccio tatuato della ragazza che mi siede accanto per condividere la tensione, ma costei non fa una piega, e manco la compagna che le siede dall’altra parte. Sono inglesi, come un buon 20% del pubblico e non capiscono una parola di ciò che stanno ascoltando. Non si sono mai viste tante braccia tatuate all’Arcimboldi.

Mondo Cane e il suo repertorio

Fin dalle prime note è chiaro che l’arrangiamento di Storia d’amore sarà qualcosa di adrenalinico. L’esecuzione non ha un briciolo della sensualità della cantata del Molleggiato, ma la tensione crescente del ritmo, la mandria di tori in corsa che travolge l’orchestra fino allo schiaffo all’improvviso e al susseguirsi di urla strazianti e rabbiose d’amore sono da brivido. Rimasta senza parole, mentre automaticamente applaudo fino a scorticarmi le mani, trepidante spero che possa farci un altro regalo e cantarci Io che non vivo senza te di Pino Donaggio in preda alla furia assassina.

Ma il miracolo non avviene, la musica continua come da scaletta, lui si diverte a fare un po’ il crooner, un po’ la bestia, e a farci uscire pazzi con quella voce che dalla Scalinatella napoletana di Murolo a Dio, Come ti amo di Modugno o Lontano lontano di Tenco ci fa venire la pelle d’oca e ci costringe a un silenzio quasi surreale.

Mike Patton tiene a bada i fan dei Faith No More

E ci voleva un ex ragazzaccio californiano, questo genio onnivoro e iperattivo vestito da bidello, per farci riscoprire Ore d’amore di Fred Bongusto, canzone difficilissima che sembra scritta apposta per Patton e per la sua incredibile capacità di sputarci addosso le sue sei ottave come fossero avanzi di cibo fra i denti. In sala i nostalgici dei Faith No More urlano e fischiano fra un brano e l’altro. A loro Patton, bonario e sornione, dedica un paio di cazzo e un minghia che mai si erano sentiti sul palco dell’Arcimboldi, prima di chiudere con Retrovertigo dei Mr Bungle.

“Great show”, mi ha detto un ragazzone inglese vestito da gangster a concerto finito, aspirando dalla sigaretta. Great show indeed. Cosa possa inventarsi adesso questo geniaccio nato a Eureka, California, è difficile immaginarlo. Ma qualsiasi cosa sia, noi ci crediamo, anche se sarà di nuovo incredibile. Just have faith.

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Capisce pochissimo di musica, va ai concerti solo per far felice suo marito ma alla fine si entusiasma facilmente. Esperta di pendolarismo, scrive storie di viaggi e filovie. Vive e lavora a Milano.

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