Stems live @Debaser, Stockholm

The Stems a Stoccolma, 5 maggio 2018.

Stems live @Debaser, Stockholm

Per uno come me cresciuto a pane, pop e psichedelia, potete immaginare quale epifania fu il ritorno al guitar sound intorno alla metà degli anni ’80, sia al di qua dell’Atlantico (Smiths, Pale Fountains, ….) sia al di là (i primi R.E.M., il Paisley Underground). Ma la scena musicale per la quale sviluppai una vera e propria ossessione fu quella aussie, nelle sua varie declinazioni, ovvero Church, Triffids, Died Pretty…

In quell’ambito, un posto di primo piano lo ha sempre rivestito la figura di Dom Mariani con i suoi molteplici progetti. La sua creatura più riuscita sono stati gli Stems, ma come non ricordare  i Someloves e più recentemente i DM3, fondati insieme a due altri australiani doc, Pascal Bartolone e Toni Italiano (ehm ….).

Stems live @ Debaser, Stockholm Recensione
The Stems in 1985

Il ritorno live degli Stems

Verso lo scorso Natale apprendo dal web che Dan avrebbe riformato proprio gli Stems per un tour celebrativo del trentennale di At First Sight Violets Are Blue (la loro gemma più preziosa), e che sarebbero state fissate alcune date anche nel vecchio continente. Comprare i biglietti del concerto e prenotare un volo per Stoccolma  è stato un tutt’uno.

La capitale svedese è magnifica, ma quasi inquietante nella sua perfezione estrema. Non può non tornare in mente Lou Reed in Blue In The Face: “La Svezia mi spaventa: funziona tutto. Apri l’armadietto dei medicinali e trovi la scritta ‘in caso di suicidio, chiama’. Accendi la tv e danno un’operazione ad un orecchio. Stoccolma è una città pericolosa, non New York”.

 

Invece, il club dove suonano i nostri eroi – oltre a godere di una suggestiva location sul ciglio di un canale, quasi pieds dans l’eau – è molto freak ed alternativo. Alternativa e pittoresca è anche la folla che gremisce il locale, ovviamente con una netta prevalenza di cinquantenni.

L’opening act – durante il quale riesco ad intercettare Dom per l’autografo di rito – è affidato ad un valido gruppo garage locale, i Maggots. Poi, verso le 22.30, arrivano i nostri.

The Stems – 2018

Una lectio magistralis di rock acido

Dopo un paio di pezzi di riscaldamento, con l’accoppiata micidiale You Can’t Turn The Clock Back/For Always, gli Stems congedano educatamente (ma anche no) tutte queste band di adolescenti cazzari che credono di saperne qualcosa, e da lì in avanti è un crescendo glorioso di svisate celestiali, psichedelia acida e riff assassini.

At First Sight – semplicemente uno dei più bei pezzi pop di tutti i tempi – viene riservata per il primo dei bis (e gratificata ovviamente dal singalong della folla), mentre per il secondo ed ultimo Dom ci annuncia “la canzone di una band che è la nostra preferita, e probabilmente anche la vostra”. E giù a rotta di collo con una versione lisergica e stupefacente (ahem …) di Day Tripper, giusto per ricordare quando tutto è iniziato.

Poi, tutti fuori sudati e felici nella notte tiepida di Stoccolma, già baciata da una primavera avanzata. Io però una volta avevo una camicia a fiori simile a quella del batterista, chissà se la ritrovo e soprattutto se ci sto ancora dentro…

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Gabriele Sclafani ha contratto il virus del rock ascoltando Senses Working Overtime degli XTC quando aveva 16 anni. Da allora la musica ha costituito un aspetto fondamentale del suo percorso di maturazione, peraltro lento e non ancora conclusosi.

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