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di Marina Montesano

Mentre si annuncia l’uscita di un doppio cd+dvd contenente il concerto (o una sintesi dei cinque?) della Cigale lo scorso giugno, i Détroit sono di ritorno a Parigi per tre serate nella bella e storica cornice dell’Olympia, sold out da tempo. Ogni serata ha un’apertura differente: la prima tocca a una giovane artista del Québec, Salomé Leclerc, visibilmente emozionata ma in grado di sfruttare l’occasione mettendo in mostra una voce piacevole e canzoni gradevoli, fra le quali spicca una bella versione di Vingt Ans di Leo Ferré.

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Alle nove la tensione sale, i Détroit sono attesi e anche reclamati da un pubblico ch’è ormai divenuto fitto, e un quarto d’ora dopo eccoli: Bertrand Cantat, Pascal Humbert, Bruno Green, Niko Boyer, Guillaume Perron, a tratti accompagnati da Lisa Berg e Catherine Graindorge agli archi. Cominciano con due brani da Horizons, ossia Ma Muse e Horizon, adatti a creare l’atmosfera. Poi tocca alla prima fra le proposte del catalogo Noir Désir, la splendida Ernestine, sulla quale molto fanno gli archi e l’interpretazione di un Cantat ispirato; è una novità rispetto alla prima fase del tour, quello precedente l’estate. Mentre non lo è Lazy, che sarebbe impossibile escludere perché il pubblico la canta insieme alla band con l’entusiasmo già alle stelle.

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Poi Cantat annucia un’aggiunta del pomeriggio, parlando di un omaggio alla città di Detroit, ed ecco Gimmie Danger degli Stooges, forse un po’ grezza nell’esecuzione ma che consente allo stesso Cantat, come sulla successiva Le Fleuve (ancora Noir Désir), di lasciare la chitarra e di scatenarsi in una sorta di stato di trance che pochi frontman sono in grado di mettere in scena. Se rispetto ai concerti della Cigale le variazioni nella setlist sono poche, la novità principale è data da un Cantat che parla di più e che si lascia andare maggiormente, certo più sicuro di una carriera e un ruolo che ormai sembrano interamente e nuovamente suoi.

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In un certo senso, l’arrivo all’Olympia questa sera era già stato premonitore: dove alla Cigale niente segnalava quale band si sarebbe esibita all’interno, qui il nome Détroit campeggerà nel tradizionale, gigantesco neon rosso per le tre serate; e persino la stampa sembra essersi accorta di questo ritorno, parlando (magari brevemente e freddamente, ma quantomeno…) infine dei concerti della band.

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Dopo un’ora ci sono pochi minuti di pausa; la band rientra per eseguire le pacate Droit Dans Le Soleil e Glimmer In Your Eyes; poi l’atmosfera torna calda, anche nelle luci rosse che illuminano il palco, per la potentissima Sa Majesté, dai tratti quasi dub. E’ il preludio alla sequenza micidiale che sta per arrivare: Un Jour En France, Fin De Siècle e Tostaky, suonate praticamente senza soluzione di continuità; i cinque musicisti sono scatenati, ma ancor più lo è il pubblico, con un pogo feroce nel mezzo e tutti, anche quelli che occupano le poltrone della balconata, in piedi a cantare.

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Di nuovo una breve pausa e poi Le Vent Nous Portera, in una bella versione valorizzata dalle due musiciste, e Comme Elle Vient, trascinante e trascinata per un tempo infinito con la collaborazione del pubblico, alla quale segue qualcosa a metà tra l’improvvisazione e una nuova canzone. Vedremo.

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Le serate successive propongono la medesima scaletta. Martedì aprono i George Sound di Bordeaux, rap potente a tinte electro e rock, e mercoledì l’hard rock/grunge dei baschi Willis Drummond, entrambi bravi e apprezzati da un pubblico generoso per quanto insolito nella sua composizione, sul quale vale la pena soffermarsi un momento: molti hanno l’età per aver ascoltato ‘in diretta’ i Noir Désir negli anni ’90, ma non mancano i ragazzi che ovviamente li hanno conosciuti quando la band non era più in attività. E sono tanti, perché grande è il peso che questa band ha rivestito in Francia nell’ultimo quarto di secolo; ciò significa ugualmente che il pubblico è più generico di quello che si incontra ai concerti di rock ‘alternativo’; le piccole bagarre si sprecano (ma solo una, martedì, richiede l’intervento della security), le ragazze (e un po’ anche i ragazzi) urlano alla volta di Cantat come se fosse uscito da Nouvelle Star (per la Francia) o X Factor (per l’Italia).

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Se i tre concerti hanno il medesimo, alto livello di energia, competenza e spettacolo, il secondo vede Cantat con una voce leggermente rotta, mentre il terzo rappresenta l’apoteosi con due ore e mezza di musica e l’invito sul palco, prima dell’ultima tornata di bis, dell’artista slam Souleymane Diamanka, che ha aperto altri concerti dei Détroit. Durante la prima serata, invece, musicisti di Shaka Ponk hanno reso omaggio all’amico Bertrand, ma solo dalle poltrone vip.

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A dicembre il tour arriverà alla fine ed è probabile che Bertrand Cantat, Pascal Humbert e magari gli altri torneranno in studio. Horizons è un disco di altissimo livello, quindi le attese possono essere elevate, ma è altrettanto indubbio che dal vivo niente eguaglia i brani-simbolo dei Noir Désir, ai quali sono riservati i clamori e i momenti di follia gioiosa del pubblico, che sembra vedere nei Détroit una sorta di continuazione della prima band di Cantat. E’ un’eredità pesante con la quale confrontarsi, soprattutto quando il duo avrà un maggior numero di brani ‘suoi’ da eseguire in scena. Ma per il momento è inutile porsi il problema; la residency all’Olympia è un successo indiscutibile dinanzi al quale si può solo chiedere: possiamo avere (anche) questo in dvd?

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