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In una coda che comincia a esser lunga già due ore prima dell’ingresso, passano di mano in mano fogli bianchi con la scritta: “Ça m’a manqué tous ça” (“mi è mancato tutto questo”). E sulle prime note di À Ton Étoile, che contiene la frase, dalle prime file si leveranno decine di mani che mostrano a Bertrand Cantat l’omaggio di una folla che intensamente attendeva il suo ritorno a Parigi.

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Ma cominciamo dall’inizio. Aprono i Mars Red Sky, trio bordelese di stoner rock, che per una mezz’ora intrattengono un pubblico che sembra apprezzare la proposta. Alle 20.30 in punto i Détroit sono sul palco; oltre a Cantat e a Pascal Humbert ci sono un chitarrista, un tastierista/chitarrista e un batterista ben affiatati e in grado di interpretare bene non solo le canzoni di Horizon, ma anche quelle (e come diremo saranno numerose) dei Noir Désir.

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Ma ovviamente tutti gli occhi sono su Bertrand Cantat che già dall’iniziale Ma Muse mostra di non aver perso niente delle sue qualità di vocalist. Si continua con Horizon e poi arriva la prima delle ‘cover’, se così le vogliamo chiamare, dei Noir Désir, accolta con un’ovazione quasi selvaggia: Des Visages De Figueres, seguita da À Ton Étoile e dall’apparizione dei cartelli; l’esecuzione si ferma un momento, per ringraziare, ed è quasi difficile riprendere per via delle urla del pubblico a questo punto seriamente scatenato. Le canzoni dei Détroit si alternano a quelle dei Noir Déz: una menzione speciale per Lazy con un Cantat che comincia a lasciarsi andare anche come showman. Dopo dieci brani si arriva a una breve pausa.

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La seconda sezione del concerto parte piano con Droit Dans Le Soleil eseguita dal duo Cantat/Humbert, poi raggiunto dal resto della band per una sommessa Glimmer In Your Eyes. La successiva Sa Majesté, non il brano migliore di Horizon, dal vivo acquista tutta un’altra statura e prepara per la sequenza Un Jour En Françe (per la quale il rinvio alla recente vittoria del Front National è ovvio, ma anche un po’ banale), Fin de Siècle e un’epica Tostaky. Nel parterre si suda e si poga, l’intensità e l’entusiasmo sono palpabili almeno quanto il calore. A un certo punto Cantat dice che l’età rende stanchi lui e Humbert, dal pubblico parte un “on n’est pas fatigué” ripreso a ritmo disco da basso/batteria e cantato in coro da tutto il pubblico. Questo il tono generale della serata.

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E non è ancora finita, perché la band torna subito ed è accolta da una nuova parata di cartelli: questa volta chiedono Des Armes, che Cantat dice non essere prevista, ma naturalmente viene eseguita; poi tocca a una magica Le Vent Nous Portera e alla conclusiva Comme Elle Vient, che non finisce mai perché il pubblico continua a cantare il refrain e i Détroit sono lì a cantare anche loro.

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Commozione e entusiasmo della band e soprattutto di un pubblico che mostra una dedizione a Cantat ai limiti del culto e una volontà di cancellare di colpo i lunghi anni di assenza e di attesa.

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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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