Cure al Rock en Seine 2019

È tempo di Cure al Rock en Seine (23.08.2019).

Il Rock en Seine ospita The Cure: questa la prima notizia dal festival parigino che raggiunge nel 2019 la sedicesima edizione. È stato il primo annuncio e quello che ha decretato immediatamente il successo della giornata, che registra un pienone con circa 40mila presenze. Non ci sono soltanto The Cure, peraltro, perché la giornata di venerdì 23 ha molti altri nomi interessanti: anche se dubito che le band che suonano in concorrenza con la storica band inglese possano aver raccolto pubblico, tale sarà l’affluenza per vedere Robert Smith & Co.

I Balthazar guadagnano la Grande Scène

Ma andiamo per ordine. Dopo aver assistito recentemente al concerto dei Balthazar al Casino de Paris, la voglia di rivederli è grande. I belgi sono ormai una delle realtà più brillanti del pop-rock contemporaneo e dal vivo danno sempre il meglio. Al Rock en Seine sono già passati due volte, ma quest’anno viene loro assegnata, a ragione, la scena principale. Attaccano sorprendentemente con Blood Like Wine, che in genere viene proposta in coda. È un inizio trionfante che dispone bene all’ascolto del set, tratto prevalentemente dall’ultimo Fever. Non può mancare però la trionfale Bunker, accolta con entusiasmo da un pubblico già numeroso.

C’è spazio anche per le novità: Let’s Eat Grandma

I non moltissimi giovani di questo venerdì (la programmazione evidentemente premia un pubblico cresciuto negli anni ’80) attendono Let’s Eat Grandma sulla scena Firestone. Le due ragazze inglesi spuntano dal backstage attraverso una porta, già sorridenti e cariche, accompagnate sul palco da una batterista.

Rock en Seine 2019

Loro si alternano fra tastiere (prevalenti), chitarra, sax mettendoci una simpatia che trascende qualche piccolo difetto: come le voci sottili a volte sovrastate dai bassi. Nonostante qualche richiesta di Rapunzel che si leva dal pubblico, le canzoni sono tratte dal loro secondo disco: dalle iniziali e superpop Hot Pink e It’s Not Just Me ai momenti più meditativi e psichedelici.

Johnny Marr continua ad affascinare

L’organizzazione pone di fronte alla scelta non facile fra Eels e Johnny Marr, ma per TomTomRock pas question, la metà simpatica degli Smiths vince. La scelta è ricompensata da una setlist ben concepita per un festival: quattro tracce degli Smiths che mandano il pubblico in visibilio, una cover dei Depeche Mode (I Feel You), ma anche alcune belle canzoni del suo repertorio solista. Che Marr sia un chitarrista eccellente, fra i grandi della tradizione rock, lo sanno tutti, ma anche come vocalist se la cava bene. In più ci mette la simpatia, quella che ormai lo fa qualificare universalmente This Charming Man: quando arriva, nessuno dubita che sia la sua canzone.

The Cure al Rock en Seine 2019, Domaine Nationale de Saint-Cloud

E arriva il momento dei Cure. Impressionante il colpo d’occhio su una folla immensa che attende la band. Com’è noto, Robert Smith impone ai festival i sui tempi: i concerti non durano mai meno di due ore, offrendo uno spettacolo in grado di ripercorrere l’intera carriera della band. Sul palco con lui c’è una band fantastica: il compagno della prima ora Simon Gallup è un catalizzatore, muovendosi dappertutto sul palco; Gabriel Reeves (che ricordiamo amico e collaboratore di David Bowie) inietta un piglio rock non sempre presente nel catalogo in studio; il tastierista Roger O’Donnell pure vanta una lunghissima militanza nella band; e infine il batterista Jason Cooper che è una vera macchina del ritmo.

I 30 anni di Disintegration

La setlist non è fatta per un pubblico soltanto da best of. Vero è che il 2019 marca il trentennale della pubblicazione di Disintegration, il disco che ne ha decretato, nonostante non sia tra i più facilmente fruibili, il successo planetario: e difatti figura con sette canzoni dall’iniziale Plainsong alla title track che chiude il set prima dei bis. Ognuno avrà avuto i suoi momenti migliori in una setlist così ampia. Per chi scrive sono le sempre magnifiche A Forest, In Between Days, Just Like Heaven che arrivano ad accendere la parte centrale del concerto.

Robert Smith in forma eccellente

I bis sono riservati ai momenti più pop, come Lullaby, Close To Me, l’impagabile (sempre per chi scrive) Caterpillar, poi la chiusura definitiva con Boys Don’t Cry.

Rock en Seine 2019

In questa fase, come in armonia con la maggiore leggerezza, Robert Smith lascia la chitarra e si concede al pubblico. Va detto che a sessant’anni non ha perso un’ottava e che persino quando parla mantiene la voce da ragazzino di un tempo. Come si sarà capito, concerto eccellente ben al di là delle attese. Commosso lui alla fine, e un po’ anche noi.

 

Un ringraziamento a Mauro Carosio per i commenti che hanno permesso la stesura della cronaca.

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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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