bryan ferry avonmore

bryan ferry avonmore 

di Antonio Vivaldi

A Bryan Ferry poco importa essere lo stereotipo di sé stesso, ovvero del seduttore-piacione con perenne ciuffo che scende ribelle sulla fronte e sempre una donna fatale (da Jerry ‘Siren’ Hall in avanti) a rubargli il cuore. E’ un ruolo che interpreta con successo da una quarantina d’anni e che ha perfezionato già nel 1982 con Avalon, l’album che rese i Roxy Music grandi star su tutti gli yacht delle Indie Occidentali. Ed è proprio ad Avalon che il nuovo album di Ferry sembra fare riferimento, nel titolo (che in realtà cita l’elegante via londinese dove il musicista ha il proprio studio di registrazione), nel lettering di copertina e un po’ anche anche nel suono, perfetto in ogni dettaglio e molto ricco senza averne l’aria. Nulla di male in questa classicità autoreferenziale, non fosse che nel 2011 Olympia era stato un disco meno ovvio del previsto grazie a belle increspature elettroniche e a una percepibile paura del decadimento (o forse di una vera riunione dei Roxy presente il vecchio rivale Eno). Qui invece è tutto rassicurante, sovente stereotipato e a tratti poco motivato, al punto che persino la notevole title-track parte con il groove funky giusto per poi perdere interesse in se stessa, come se si trovasse d’improvviso a una festa di gente annoiata. Ma la classe non è acqua di colonia e il nostro sa, ad esempio, utilizzare una voce ormai screziata dall’età sotto forma di crooning malinconico che funziona alla grande in un pezzo persino commovente (aggettivo poco ferryano) come Soldier Of Fortune. Funziona anche nelle due cover messe a fine programma: la prima è Send In The Clowns di Stephen Sondheim (cantata da Sinatra, Streisand e tanti altri), nostalgica di un mondo non vissuto dal giovane Bryan art-provocateur; la seconda è Johnny & Mary, immersa nella piscina elettronica creata dal dj Todd Terje e rallentata rispetto all’originale sexy-robotico di Robert Palmer, anche perché il Bryan sessantanovenne di oggi certe performance non se le permette più. Suonano un po’ diverse dal resto del materiale, ma alzano il voto al disco.

7/10

PS: Una domanda che da tre anni mi porto dentro: Caro Bryan, perché nel 2011 salisti su un palco di Milano per la chiusura della campagna elettorale di Letizia Moratti in compagnia di Iva Zanicchi e Roberto Formigoni? Persino Gigi D’Alessio, percependo la situazione da fine imperuccio, dette buca. Vero che tu sei “conservative by nature”, ma qui la compagnia era veramente terribile.

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Bryan Ferry – Loop De Li

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Todd Terje feat. Bryan Ferry – Johnny And Mary (live)

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