Delooze 3

Delooze 3

di Antonio Vivaldi

Saranno famosi? I DeLooze vogliono tantissimo essere famosi. Eppure, al momento il gruppo londinese non sta suscitando l’interesse che desidera. Un paio di pezzi sono stati usati per serie televisive di media notorietà, ma i singoli finora pubblicati sono stati recensiti pochissimo e il loro nome non lascia traccia sui siti web più importanti. Forse c’è troppa intenzione, così come a volte c’è troppo trucco nero sugli occhi della frontwoman (nonché artista virtuale, nonché altre attività trendy)  Stacey DeLooze. Tuttavia, una volta che si arriva al dunque della sostanza visiva e  sonora i DeLooze non sono affatto male. Intanto, quella che sembra presunzione può essere altrettanto plausibilmente considerata attitudine, gusto per una presentazione riconoscibile che nel rock è sempre buona norma e che molti artisti odierni sacrificano in nome del ‘così indie che più indie non si può’. Cosa ancor più importante, questo loro album d’esordio convince a prescindere dai suoi modi troppo espliciti. Suona certamente   dark per le masse (né più ne’ meno dei superculto The Knife, peraltro), esagera senza dubbio nel gusto per il gotico alla moda e svela con scarso rispetto per la privacy le generalità di maestri e compagni di romantico malessere (Siouxsie, Cure, Kate Bush, Goldfrapp, Florence & The Machine, Bat For Lashes); però le canzoni sono solide, ampie, potenti, strutturate in modo impeccabile e registrate con grande attenzione al dettaglio d’ambiente. E se non fanno paura come vorrebbero, Deathstar, Holler e We Are Transient regalano bei brividi fra il letterario e il cinematografico alle notti di luna piena e ai boschi al crepuscolo. Allora, saranno famosi? Dai, speriamo di sì.

7,3/10     

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DeLooze – Deathstar

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