eno hyde

eno hyde

di Raimondo Bignardi

Non si dovrebbe fare, ma ho letto già una serie di recensioni autorevoli riguardanti l’ultimissimo album di Brian Eno e Karl Hyde. Ultimissimo perché succede di pochi mesi al precedente Someday World, già ben accolto. Ebbene, il vecchio Brian non me ne voglia se mi dissocio un po’ dall’unanime e contagioso entusiasmo suscitato da questa doppia uscita, ma soprattutto da High Life.
Nella seconda metà dei ‘70, quando uscirono gli album cantati, qualcuno ne colse subito la grandezza, qualcun altro ascoltando qualche anno dopo Talking Heads e U2 dovette tornarci su per dire: aveva già inventato tutto qui. Ascoltare ora brani nuovi che rimandano a Remain In Light o Unforgettable Fire non dà lo stesso entusiasmo di quando quel suono indicò la via alla musica degli anni ’80.
Il disco è bello, ben suonato dalla chitarra funky chic di Karl Edgebelewfrippbyrnegabriel Hyde (ne ho dimenticato qualcuno?), ben cantato dal caro nonnino (Brian Nonn-eno) ma, eccetto alcuni spunti interessanti più legati al minimalismo newyorkese che al funk di cui sopra, il disco suona già sentito ed un po’ vecchiotto. Altro discorso per il precedente Someday World, dove il duo manifestava più freschezza in brani più corti, più vari e soprattutto più pop, pur rimanendo legati al tempo che fu.
Concludo segnalando al solito i miei brani preferiti: Lilac, che inizia come I Zimbra ugual uguale e poi evolve in un bel riff Byrne-Gabriel-Paul Simon; Cells & Bells che chiude l’album più vicina agli album della serie Ambient, minimale e fascinosa.
Per quel che si sente in giro il voto è 7, per quel che mi aspettavo:

6-/10

 

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Eno·Hyde – Lilac 

 

 

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