di Antonio Vivaldi e John Vignola
Nell’ambito di un’improbabile fisiognomica rock, Johnny Flynn fornirebbe un perfetto esempio di musica uguale alla faccia: carina, gentile e con guanciotte rosse (tutto l’opposto di un altro lombrosiano ideale quale Lemmy) . Come i due lavori precedenti, anche Country Mile è un disco piacevolmente campagnolo e perbene, perfetta descrizione sonora di quel “villaggio verde” che più di trent’anni fa Ray Davies temeva venisse travolto dal progresso e che è invece sopravvissuto, quantomeno nelle canzoni di questo cantattore diviso fra folk-rock e Shakespeare. Siamo dunque in un ambito che fa pensare a Mumford & Sons (ma attenzione, l’esordio discografico di Flynn precede di un anno quello del più famoso e trendy Marcus Mumford) e che qualcuno definisce Brit-Americana. Per essere più precisi, si può dire che Country Mile descrive un’Inghilterra un po’ Ivanhoe, un po’ Lewis Carroll, un po’ Fairport Convention come piace agli americani in vacanza cultural-sonica. Qui Johnny Flynn azzecca alcune melodie efficaci, soprattutto a inizio programma, e sfodera il guizzo folk-reggae di Fol-de-rol, ma non cambia marcia rispetto al passato. Manca poi il tocco d’emozione che nel precedente Been Listening era rappresentato dal duetto con Laura Marling di The Water. Ecco, Laura è l’esempio di come si possa partire folk e approdare, in quattro album, da tutt’altra parte; a Johnny resta dunque un album per fare almeno un po’ di strada (di campagna) in direzione nuova.
6,9/10
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Johnny Flynn: Country Mile