Jungle tra vintage e modernità.
Quando The Heat apre il primo LP dei Jungle è difficile restar fermi. E’ la disco fine anni ’70 a uscire dagli speakers con tanto di falsetti che faranno venire grande nostalgia a chi amava Bee Gees e Chic, ma rivista alla luce di suoni contemporanei, in modo da piacere anche a quanti nel 2013 hanno apprezzato l’esordio dei Disclosure. Una disco elettro-minimalista, insomma, vintage e moderna allo stesso tempo.
The Heat si conosceva già da qualche tempo, ma il resto di Jungle non delude: Busy Earnin’, Platoon, Julia sono brani altrettanto belli; anche lì dove il ritmo rallenta, come in Drops e in Lucky I Got What I Want, o varia, come nella strumentale Smoking Pixels dai campionamenti morriconiani, il risultato è eccellente. E anzi aiuta a evitare almeno in parte l’unico rischio di Jungle: cioè che una certa uniformità nel gioco suoni/voci possa alla lunga stancare. Gli inglesi Josh Lloyd-Watson e Tom McFarland,che compongono i Jungle, hanno fatto tesoro della lezione offerta dai Daft Punk lo scorso anno: ripensare la disco in chiave postmoderna, andando dunque oltre la pura nostalgia; e difatti anche il loro Jungle circola già felicemente negli ambienti indie, offrendo molto più di una semplice colonna sonora dance per l’estate 2014.
7,5/10