recensione paolo saporiti bisognava dirlo

Paolo Saporiti – Bisognava Dirlo A Tuo Padre Che A Fare Un Figlio Con Uno Schizofrenico Avremmo Creato Tutta Questa Sofferenza

paolo saporiti bisognava dirlo recensione
Orange Home Records – 2015

La verità schizofrenica di una musica non è il suo fantasma ma la sua ripetizione spostata. E il nuovo disco di Paolo Saporiti risente, nella sua struttura, del lavoro di una duplice personalità: sei pezzi in acustico, prodotti da Raffaele Abbate; gli stessi sei, curati-ammorbati elettricamente da Xabier Iriondo.

Così il doppio Ep si articola in due momenti-movimenti sovrapposti, una spirale in cui la canzone muore e poi ritorna (differita) allo stesso livello, in due Cd complementari e psicoticamente univoci.

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Paolo Saporiti

Univoca, attraverso questa doppia non-raccolta, la voce, quella del cantautore milanese alle prese con la sua opera seconda in italiano, a pochi mesi soltanto dallo scorso, omonimo, acclamatissimo album: Paolo Saporiti veniva abbinato (raddoppiato) coi grandi fantasmi del folk, i vari jackson, john, tim, roy, van, nick e neil che siedono alla tavola rotonda dell’inconscio musicale collettivo. Ma, a differenza del cerchio, non c’è bisogno di un inconscio per spiegare una spirale:

Bisognava Dirlo… a canzone a canzone

  • A Modo Mio: un arpeggio e un crescendo | sovvertita dalla percussività svuotata, più che dai distorsori.
  • In Costante Naufragio: americana, chitarra e dobro e slide | rinasce snaturata dai suoni della natura.
  • Figlio Di Madre Incompleta: figurazione (prima che liberazione) jazzistica dell’edipo, sensualità enfatica già nella voce | distorta e ridoppiata nel suo rivenire.
  • Io Non Resisto: calda | fredda stupendamente.
  • Per L’Amore Di Una Madre: riuscitissima parola pop | il ritornello ritorna soffocato dai muri di suono e il movimento dialettico tra le due versioni si interrompe.
  • Hotel Supramonte: cover, nevrosi esorcizzata dall’interpretazione acustica | bombardata dai circuiti elettrici.

Le vere influenze di Paolo Saporiti

E in tutto questo non-folk non manca, è vero, l’influenza di artisti ‘inconsci’ e trapassati, contemporaneamente la calligrafia di Saporiti ricorda, nella sua corsività, autori meno mitizzati o comunque fuori dal pantheon del folk rock anni ’70: Radiohead, Smashing Pumkins, soprattutto un certo David Sylvian: se Bisognava Dirlo… ripete e sposta, Secrets Of the Beehive si apriva allo stesso ateismo musicale, al rinascere a sé del cantautorato infinito.

Conclusioni

In definitiva, Bisognava Dirlo… è un progetto ammirevole e coraggioso, sebbene il più delle volte il secondo Cd tenda a negare, a ‘pervertire’ il primo (al contrario della schizofrenia, la perversione è presenza solo apparente), e rischia troppo spesso di chiuderlo, doppiarlo senza aggiungervi nulla.

Viene da pensare che per sperimentazioni-ambizioni di questo tipo sarebbe necessaria una maggiore esperienza di scrittura musicale in italiano: vale a dire che un artista in continua evoluzione come Paolo Saporiti promette molto (prova provata l’originalità di questo extended play) e che, per il futuro, sappiamo non verranno deluse le nostre nevrotiche aspettative.

Recensione: Paolo Saporiti – Bisognava Dirlo…
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Amo la critica letteraria e quella musicale. Sono laureato in Arts, Lettres, Langues all’Università di Parigi (Sorbonne Nouvelle) e curo un blog letterario di nome Blu Carmeo.

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