phosphorescent

phosphorescent

di Antonio Vivaldi

Matthew Houck, ovvero il signor Phosphorescent, racconta che Muchacho è nato da una delusione sentimentale e da un viaggio nel sud del Messico “per dimenticare”. La copertina dice che Houck ha dimenticato la delusione o si è dato comunque da fare perché ciò avvenisse. Il risultato di questo percorso che si immagina contrastato e ricco di dialettica interiore è il disco più bello di (dei?)  Phosphorescent e uno fra i più affascinanti  ascoltati quest’anno. Come il collega  di indie-barba Sam Beam/Iron & Wine, da qualche tempo (diciamo dal precedente Here’s To Taking It Easy) anche Houck ha abbandonato il solipsismo da cameretta per produzioni più ricche. Ma se Ghost On Ghost , ultimo lavoro di Beam, sceglie una fusion un po’  manierata tra r&b e FM anni ’70, Muchacho propone un suono eclettico e ricco di sorprese, capace di amalgamare tanto il synth quanto i fiati mariachi, tanto la psichedelia retrò alla Jonathan Wilson quanto il roots rock depistato degli ultimi Felice Brothers. Naturalmente tutto questo ribollire di idee sarebbe utile ma non dilettevole senza un cuore melodico che trabocca emozione e vitalità, quasi fosse guidato da un surplus di forza interiore sia nei passaggi più potenti (Down To Go) che in quelli più meditativi (A New Anhedonia). Ciò detto, bisognerebbe proprio ringraziarla questa fanciulla così crudele…

8,5/10

httpv://www.youtube.com/watch?v=Cncq28VA88s

Phosphorescent – Song For Zula

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