Recensione: Pixies - Head carrierPixies Music/ Play it Again Sam -2016
Recensione: Pixies - Head carrier
Pixies Music/ Play it Again Sam -2016

Ma chi scrive di musica i dischi li ascolta? In particolare: chi scrive dei Pixies ascolta i loro dischi? Sì perché l’impressione è sempre quella di leggere qualcosa del tipo “Io e i Pixies”. Oppure “i Pixies che vorrei”. E’ successo con il precedente Indie Cindy e succede ora con Head Carrier.

Pixies, un gruppo cardine del rock americano

Come tutti (nel nostro piccolo mondo alt-rock) sanno, i Pixies sono nati nel 1986 per sciogliersi nel 1993. In questo periodo hanno inciso dischi fondamentali quali Surfer Rosa e Doolittle ridisegnando, insieme ai R.E.M., il profilo del suono americano.  La loro ricetta era semplice e geniale: power pop e psicosi. Anzi psicosi e power pop.  E un tocco di surf con onde assassine.

Hanno ricominciato a esibirsi live nel 2004 e a incidere in studio nel 2013. In questo periodo hanno perso la storica bassista Kim Deal, secondo faro creativo del quartetto insieme al cantante e compositore Black Francis/Frank Black. Se Indie Cindy raccoglieva tre EP incisi in precedenza, Head Carrier è il primo vero e proprio album della seconda vita dei Pixies, con l’argentina Paz Lenchantin sostituto definitivo di Deal.

Head Carrier è il primo vero album dei Pixies anni ’10

Si diceva prima di recensioni e recensori. Ecco, sembra che tutti mettano un carico emotivo insensato parlando dei Pixies.  Magari lo fanno in ricordo della loro gioventù sonica trascorsa canticchiando in modo vagamente paranoide Wave of Mutiliation o Debaser. Però nessuno rimprovera a Neil Young di non essere più quello di After The Gold o di Rust Never Sleeps. A proposito, in Head Carrier i Pixies ricordano a tratti proprio Neil Young, ma con pezzi lunghi la metà. Ecco, sarebbe ora di non pretendere a tutti i  costi la nuova novità. Di evitare lamentazioni del tipo “la grafica ricorda furbescamente quella dei primi dischi”. Oppure “avere sempre una bassista in formazione è una mossa commerciale”.

Un disco da ascoltare senza nostalgie

Sarebbe ora di ascoltare questo disco con tranquillità, magari dimenticando ogni tanto che a suonare e cantare sono i Pixies. In questo modo ci si rende conto che Head Carrier è davvero di buon livello. Racconta di un’ispirazione dove sembra prevalere l’ironia sul furore, tutto concentrato nei due minuti, in verità quasi buffi, di Baal’s Back. La capacità di scrittura in chiave pop a nervi scoperti non è andata persa e almeno la title-track, Talent  e Oona dal vivo non sfigureranno accanto ai classici del passato. Ma tutto il disco fila che è un piacere (un po’ morboso, ovviamente) ricordando come stile Trompe Le Monde.

A proposito di passato, non si può non menzionare All I Think About Now, il pezzo-catarsi dell’album. Il riff iniziale riprende smaccatamente la celeberrima Where Is My Mind? e il testo è un saluto infine sereno a Kim Deal. Lo firma al solito Black Francis  che però fa cantare il pezzo alla nuova (e graziosa) bassista. Suadente cattiveria, come sempre.

Recensione: Pixies - Head Carrier | Recensione Album
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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