di Marina Montesano
Pusha T è soprattutto noto per aver fondato con suo fratello i Clipse, autori nel 2006 del classico Hell Hath No Fury. Come solista ha brillato più per qualche singolo (Trouble On My Mind con Tyler, The Creator) e per i featurings al servizio di Kanye West che per i suoi dischi; così tocca allo stesso West risollevarne la carriera: operazione perfettamente riuscita con My Name Is My Name, nel quale la produzione è ciò che eleva il disco molto al di sopra della media. La linea di continuità con Yeezus è sottolineata già dall’artwork (o dall’assenza del) con il solo codice a barre.
Pusha T è un ottimo rapper e qui è raggiunto e sostenuto da diversi ospiti di peso. Ma sono le basi a contare: Kanye West impiega molte delle tecniche mostrate nei suoi ultimi dischi, rendendo My Name denso di beats e suoni insoliti, pur lasciandolo (al contrario del suo Yeezus) nell’ambito di un hip-hop radio-friendly. Sweet Serenade ha una vibrazione r’n’b sottolineata dal contributo di Chris Brown; la successiva Hold On non avrebbe sfigurato su My Beautiful Dark Twisted Fantasy; Let Me Love utilizza un beat perfetto per sottolineare le qualità ritmiche del flow di Pusha T, ed è uno dei momenti più pop del disco; S.N.I.T.C.H. rinvia ai Clipse; Who I Am sembra un outtake di Yeezus.
Non innovativo come quest’ultimo, privo del fuoco del recentissimo Danny Brown o della profondità di Tyler/Earl/Odd Future, My Name Is My Name si pone un gradino più sotto nella scala del miglior hip-hop ascoltato quest’anno. Ma non di molto.
8/10
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Pusha T – Sweet Serenade