Bob Mould - Sunshine Rock | Recensione TomtomrockMerge Recrods - 2019

Bob Mould e un Sunshine Rock solare ma non troppo.

Bob Mould - Sunshine Rock | Recensione Tomtomrock
Merge Records – 2019

Seguo con passione Bob Mould dai tempi di Zen Arcade (estate 1984), il discone degli Hüsker Du che mi aprì la testa, ai tempi mohicano-munita, e le orecchie su tantissime cose. Praticamente sono cresciuto/invecchiato con “Zio Bob”, quindi il mio parere non può prescindere dall’inevitabile affetto nei suoi confronti.

Bob Mould tra luce e buio

Sunshine Rock (più o meno il tredicesimo lavoro da solista) è stato salutato come un ritorno ad atmosfere e tematiche più solari – lo dice anche il titolo –  che ricordano i grandi Sugar di Copper Blue (1992). Questa sensazione è sicuramente avvertibile nei primi tre pezzi (le memorabili Sunshine Rock, What Do You Want Me To Do, Sunny Love Song), tre proiettili di punk-power-pop furioso e melodico che colpiscono il bersaglio del cuore dei fans di Mould.

Per il resto, a parte gli episodi sotto descritti, Sunshine Rock è l’ennesimo torrente di canzoni amare (nei testi) e iperdistorte a cui Mould ci ha abituato negli ultimi anni, melodie rock-pop affogate in un tornado di chitarre distorte con QUEL suono così caratteristico (che poi è una chitarra sola, ma sembrano tre!). Tutto questo riferirsi alla luce e all’ottimismo è in realtà una reazione al buio che Mould vede intorno a sé e che sta inghiottendo il suo mondo, quello privato e quello pubblico (da tre anni Mould ha lasciato gli Stati Uniti a favore della Germania…).

Thirty Dozen Roses, Irrational Poison, I Fought e Send Me A Postcard sono quattro sberloni à la Hüsker Du, sfuriate quasi hardcore-punk, con la voce di Mould sommersa pure troppo dalla sua ormai leggendaria chitarra-tornado e anche dal gran pestare del batterista: un missaggio che indebolisce la bellezza delle melodie delle canzoni, e il disco così suona tutto molto meno a fuoco di quanto potrebbe (cosa che non accadeva in molti dei precedenti dischi solisti).

Il vecchio e il nuovo di Sunshine Rock

La prima “sorpresa” arriva al quinto pezzo: The Final Years, agrodolce ballata up-tempo con tanto di archi e tastiere. Invece Sin King, drammatico mid-tempo distorto, mi ha ricordato le atmosfere di Black Sheets Of Rain (“La vita è cambiata in questo posto, per ragioni che non so spiegare… Vorrei che i fatti fossero chiari, cristallini, ma in questa luce spariscono, e il buio, lui continua ad avanzare”). Altro momento “anomalo” è Lost Faith, col suo andazzo iniziale molto primi New Order. Qui è interessante come organo e archi si alternino alla superchitarra di Mould, artista che ogni giorno si chiede “come e quando finisce la tristezza”. Camp Sunshine sì che è un pezzo solare: fa tornare in mente i Beach Boys, i Lemonheads, i R.E.M. più bucolici, e soprattutto Workbook, il primo indimenticato lavoro solista semiacustico di Mould dopo gli Hüsker Du.

Il disco si chiude con un crescendo di archi alla Everybody Hurts dei R.E.M.: la sixties Western Sunset è un accorato inno all’ottimismo, perché “non sappiamo mai dove andiamo in questo mondo impazzito, e dopo che questa follia passerà ci ricostruiremo un mondo fantastico”. Tanto in fin dei conti “all we want is toast and coffee”.

L’ennesimo gran bel disco dello zio Bob, parzialmente inficiato dalla produzione non proprio brillante. ”Non appena rivedo la triste conseguenza delle mie numerose ultime scelte, bevo direttamente dal rubinetto il veleno dell’irrazionalità, e posso sentire la risacca che mi circonda, e come trascina giù tutte le persone che mi sono intorno” (da Irrational Poison).

Bob Mould - Sunshine Rock
7,8 Voto Redattore
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Ha iniziato ad ascoltare musica nel 1977 coi 45 giri di Clash e Sex Pistols. Primo concerto: Ramones, 1980. Nel 1983 inizia a fare musica e da allora ha suonato tutto lo scibile 'alternativo': anarcopunk, rock'n'roll, emo-pop, rock psichedelico. Ogni tanto pubblica album da solista one man band. Non si ritiene un critico musicale ma ha ascoltato e suonato talmente tanta musica che pensa di poter dire la sua, su Tomtomrock e su https://zaio.blogspot.com/.

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