Gemini 4 RecensioneGusstaff Records - 2018

Gemini 4: nuova uscita per il poliedrico Hugo Race.

Gemini 4 Recensione
Gusstaff Records – 2018

Fra le molte doti di Hugo Race c’è sicuramente la capacità di tenere in piedi contemporaneamente gruppi e progetti diversi, spesso diversissimi tra loro, anche se con un comune denominatore: il blues, ovviamente riletto e reinterpretato. Basti pensare alle parentele, ma anche alle differenze, che intercorrono tra i suoi gruppi ormai storici: The True Spirit, Dirtmusic, Fatalists. Anche stavolta il musicista di Melbourne ci stupisce. Non si è ancora spenta l’eco dell’ammirazione suscitata dai suoi ultimi due bellissimi dischi – John Lee Hooker’s World Today con Michelangelo Russo e Bu Bir Ruya con i Dirtmusic – che se ne esce, spiazzandoci anche stavolta, con questo progetto, condiviso con altri tre “gemelli” come lui: da cui il titolo.

Hugo Race e gli altri gemelli

I gemelli – nel senso di segno zodiacale, ma non solo – sono altri tre compatrioti: il fido Michelangelo Russo, Julitha Ryan e l’ingegnere del suono Andrew “Idge” Hehir. Spiazzante, dicevamo, per più di un aspetto. Prima di tutto si tratta di un disco esclusivamente strumentale. Dove cioè Race rinuncia programmaticamente a far leva su due aspetti che costituiscono normalmente i punti di forza di tutta la sua produzione: i testi e la voce. In secondo luogo qui l’elettronica – pur sempre presente nella musica dell’australiano – la fa assolutamente da padrone.

Gemini 4 progetto spaziale

E su questa “elettronica” vale la pena di spendere due parole. Innanzitutto per il suo carattere “evocativo” di atmosfere fra il fiabesco con punte abbastanza alte di inquietudine (Unicorn, Ephemere) e una dimensione di viaggio interstellare ugualmente inquietante (Mercury Rising, Dream Machine, Pop Nostromo, Afterbirth, Rosebud) che la renderebbe la colonna sonora ideale di un film di fantascienza alla Kubrick ancora non realizzato. Da qualcuno dei pezzi citati non ci meraviglieremmo di sentir uscire la voce di un qualche Major Tom che esclama “Houston, we have a problem”.

Del resto, Gemini è anche il nome di un vecchio progetto spaziale della NASA. Ee forse la coincidenza non è del tutto casuale. D’altra parte queste suggestioni “spaziali” avevano già influenzato in modo evidentissimo un altro recente lavoro di Hugo Race, quel Long Distance Operators realizzato in collaborazione con la violinista belga Catherine Graindorge.

Elettronica vintage per Gemini 4

Anche sul piano “tecnico” c’è forse qualche osservazione da fare. Certo si tratta di un disco di musica elettronica dove gli artifici tipici del genere si sprecano. Loop, delay, drum machine e chi più ne ha più ne metta. Si tratta però di un’elettronica che suona molto “vintage” e che richiama certe atmosfere e sonorità proprie addirittura non tanto di quegli anni ’80 considerati il periodo d’oro del genere, ma addirittura di quei Seventies caratterizzati dal crossover di personaggi come Deodato e simili. Considerate le personalità degli artisti coinvolti, il tutto si configura come un brainstorming musicale tra sperimentazione e divertissement. Al quale poi la sapiente regia di Race e l’abilità tecnico-ingegneristica di Idge hanno saputo dare quella forma unitaria e omogenea che ne fanno un disco molto gradevole e interessante. Persino per un ascoltatore non particolarmente amante dell’elettronica come il sottoscritto.

Gemini 4 – Gemini 4
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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

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