Jay-Z – 4:44 RecensioneRoc Nation - 2017

Jay-Z – 4:44. Un ritorno in gran forma per Brooklyn’s Finest.

Jay-Z – 4:44 Recensione
Roc Nation – 2017

Il ritorno di Jay-Z con 4:44 rappresenta un cambio di rotta rispetto al precedente Magna Carta…Holy Grail. Che non era piaciuto molto anche se qui lo avevamo trovato divertente. Tuttavia, più vicino ai 50 che ai 40, Jay-Z veste su 4:44 i panni di un rapper maturo, alle prese con una crisi di coscienza. E ci dà un disco molto bello, privo di hit e piuttosto introspettivo. Jay-Z è il primo a pensare che i suoi tempi migliori come rapper siano quelli iniziali. O comunque lontani nel tempo. D’altra parte, da quei successi è riuscito a costruire un impero economico, investendo in modo oculato nella musica e altrove. Era di questo che parlava in Magna Carta…Holy Grail, e il tema torna anche in questo 4:44, sebbene trattato in modo molto diverso.

Jay-Z e Béyonce

Lasciamo perdere il fatto che, stando alla stampa italiana, 4:44 sarebbe il disco in cui Jay-Z chiede scusa a Beyoncé. In certe mani, tutto si trasforma in gossip. In realtà, come per Lemonade, le vicende private sono un modo per parlare anche di molto altro. Attraverso il discorso sulla propria famiglia e le proprie ricchezze, si parla della paternità e della maternità nella comunità afroamericana. Oppure della gestione del denaro, di come un miglioramento sociale dei neri non possa che passare attraverso un rafforzamento della situazione economica. Il fatto di non parlare in modo generico, ma di presentare la propria vicenda individuale, dà spazio a delle aperture inaspettate.

Smile: uno dei momenti migliori di 4:44

La più sorprendente, anche dal punto di vista emotivo, riguarda la madre: “Mia mamma ha avuto quattro bambini, ma è lesbica / Ha dovuto fingere così a lungo da diventare un’ottima attrice / Ha dovuto nascondersi per trovare un rimedio / Alla vergogna inflitta dalla società, ma il dolore è stato troppo/ Ho pianto di gioia quando ti sei innamorata / Per me non ha importanza se sia un lui o una lei / Voglio solo vederti sorridere dopo tutto l’odio”. Così nel brano Smile, dove la stessa madre, Gloria Carter, compare con un breve monologo finale.

Jay-Z riflette sull’America contemporanea

Le aperture introspettive sono frequenti. Le vicende matrimoniali tornano in 4:44 e Family Feud, quest’ultima con Beyoncé. Il dissidio con l’ex amico e collaboratore Kanye West è richiamato in modo molto esplicito nell’ottima Kill Jay-Z. Notevole anche The Story of O.J., che prende spunto da una frase a quanto pare sussurrata da O.J. Simpson durante il processo: “non sono nero, sono O.J.”. Il brano campiona molto bene Four Women di Nina Simone, e nel refrain dice: “Negro chiaro, negro scuro, negro falso, negro vero, negro ricco, negro povero, negro di casa, negro dei campi. Comunque negro”.

 

Insomma, si può pensare di sfuggire alla propria condizione grazie a fama o ricchezze, ma agli occhi della società bianca si resta sempre e comunque, prima di tutto, negri. E le recenti vicende di afroamericani assassinati da vigilanti o poliziotti bianchi, vergognosamente assolti, come nei casi di Trayvon Martin e Philando Castile, tornano subito in mente e sollecitano paralleli con i linciaggi di un tempo.

Jay-Z. Master Teacher

Non si fatica a capire, quindi, perché 4:44 ha meritato le lodi pubbliche di Kendrick Lamar (peraltro da sempre un fan di Jay-Z) che twitta WOW. MASTER TEACHER. Come detto, questo non è un disco di hit. Ed è dire tanto, visto che Jay-Z ha all’attivo brani come 99 Problems, Big Pimpin’, Hard Knock Life e molti altri ancora. Nel flow come nella produzione Jay-Z sceglie un registro sobrio. A tratti sembra quasi che parli, ma le rime restano intricate, le idee numerose. In Moonlight, che richiama nel testo e nella musica Lauryn Hill, si gioca con l’incidente della proclamazione del film vincitore agli Oscar: “Bloccati nella La La Land / siamo perdenti anche quando vinciamo”, ripete Jay-Z. Le basi sono interamente merito di No I.D., che fa un ottimo lavoro, evitando toni troppo sintetici e preferendo iniettare dosi di soul e a tratti di reggae.

Il verdetto su 4:44

E’ un disco che bisogna lasciar crescere perché faccia effetto. Perché si scopra un Jay-Z sorprendente, che dialoga con la contemporaneità dell’America dal punto di vista di un rapper milionario, che sceglie tuttavia di mettersi ancora in gioco. E che a questo disco evidentemente tiene molto, visto che ne ha spiegato profusamente il significato a partire dal titolo.

Infine, va detto che il 4:44 che recensiamo è la versione digitale in streaming su Tidal, la piattaforma musicale creata da Jay-Z insieme con altri artisti. Presto dovrebbe essere disponibile anche su altre piattaforme, nonché su cd e vinile probabilmente con ulteriori tre brani, uno dei quali, Adnis, ascoltato brevemente in un trailer, pare molto promettente. Al pari di una collaborazione con James Blake. Vedremo: intanto, anche così, per noi è:

Jay-Z – 4:44
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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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