Kel Assouf – Black TenereGlitterbeat - 2019

Kel Assouf e la musica tamasheq.

Kel Assouf – Black Tenere
Glitterbeat – 2019

Il riff che costituisce l’attacco del terzo disco della band tamasheq (i Nostri prediligono la dicitura nella loro lingua al termine tuareg di derivazione coloniale) Kel Assouf ci dice chiaramente quanto sia limitativa e fuorviante la definizione di world music, che fin troppo spesso affibbiamo alle musiche che provengono dalle aree periferiche rispetto al centro dell’impero occidentale. Quello dei Kel Assouf è indiscutibilmente un album rock, declinato secondo la cultura e la musica del popolo tamasheq. Al pari di quanto avviene per Tamikrest, Tinariwen o Bombino.

Kel Assouf, Black Tenere, musica per la rivoluzione

Singolare la line-up minimalista, almeno per quanto riguarda le band dedite al genere. Kel Assouf è infatti un classico power trio. Al centro il cantante e chitarrista Anana Ag Harouna, nigerino di nascita e residente a Bruxelles da undici anni, il batterista belga Oliver Penu e il tastierista e produttore Ben Youssef. La mente che sta dietro all’eccellente progetto a nome Ammar 808, e che qui suona anche il moog.

La musica dei popoli subsahariani è quanto mai legata alla storia, alla cultura e alle vicende della vita politica e sociale di quell’area geografica. E anche l’album dei Kel Assouf non fa eccezione, sia per lo spirito comunitario che vi si respira (ascoltandolo veniamo immediatamente trasportati intorno a un fuoco che brilla fra le tende del deserto o nel corso di una festa popolare in qualche villaggio), sia per le tematiche affrontate nelle canzoni. Musica ribelle, musica le cui taglienti e ipnotiche chitarre sostituiscono il kalashnikov nella lotta di liberazione del popolo tamasheq. Canzoni contro il colonialismo francese e la rapacità degli USA per le risorse naturali di quel deserto che il popolo tuareg considera da secoli la sua patria, ma dalla quale è spesso cacciato, espropriato e costretto all’esilio.

I contenuti di Black Tenere

La forza di Black Tenere sta innanzitutto nell’evocativa chitarra di  Anana Ag Haroun. Ruvida e distorta, incendiaria nelle sue distorsioni e in uno stile che deve molto sia al rock acido dei Settanta, che al connazionale Bombino, ma capace anche di disegnare orizzonti lirici di stampo ambient che richiamano Brian Eno in brani ispirati e commoventi come Tamatant, in cui si realizza un perfetto connubio col synth di Youssef. Oltre all’elettronica è l’Hammond che caratterizza il suono della band, offrendo nuove dimensioni al blues del deserto.

 

Per esempio nella lunga Ariyal, nella quale è interessante anche l’uso della batteria incentrato sui piatti. Anche Taddout, uno dei vertici del disco, ci trasporta in una dimensione fuori dal tempo.  I ritmi si dilatano, il canto diventa quasi un’ipnotica nenia, la chitarra disegna sprazzi di sognante psichedelia e le tastiere la colorano di atmosfere soffuse e intime.

I Kel Assouf stoner rockers

Nel resto dell’album si ritorna alla fisicità della terra, della sabbia e del vento. La chitarra crea circolari riff ipnotici, distorsioni che rimandano agli Zeppelin e a Hendrix o a Lobi Traoré, in un dialogo continuo e fervido fra il rock occidentale e la musica tradizionale subsahariana, fra il deserto americano dello stoner dei Queens of the Stone Age e quello stile particolare  nato in Sahara quando i musicisti tamasheq hanno imbracciato le chitarre elettriche facendole diventare il mezzo attraverso cui esprimersi e parlare alla loro comunità e al mondo intero. Perché la liberazione di un popolo può passare anche attraverso l’espressione culturale e la musica. Se poi la musica è così magnifica e in grado di comunicare ed emozionare, come accade con Kel Assouf, ennesimo colpo riuscito della Glitterbeat Records, a noi non resta che gioirne.

Kel Assouf – Black Tenere
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Nato nel 54 a Palermo, dal 73 vive a Pisa. Ha scritto di musica e libri per la rivista online Distorsioni, dedicandosi particolarmente alla world music, dopo aver lavorato nel cinema d’essai all’Atelier di Firenze adesso insegna lettere nella scuola media.

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