Seconda puntata ‘digitale’ per i Lambchop di Nashville.
Il foglietto sulla parete del negozio Rough Trade di Talbot Road diceva: “Disco della settimana. I Tindersticks incontrano Leonard Cohen a Nashville”. Termini di paragone pesanti come macigni per un gruppo sconosciuto, ma poiché nelle istituzioni occorre avere fiducia (parlo di Rough Trade, s’intende) , me ne andai verso la cassa sapendo bene cosa fare… (Rockerilla n. 177, maggio 1995)
I Lambchop di Kurt Wagner fra continuità e novità
Ventiquattro anni dopo queste righe scritte per l’album d’esordio I Hope You’re Sitting Down mi ritrovo a parlare dei Lambchop e del nuovo This (Is What I Wanted To Tell You). Ed è piacevole farlo, anche se spunta un po’ di tristezza nel pensare che nel frattempo Leonard Cohen se n’è andato. Nel corso di questo quasi lustro Kurt Wagner – perché i Lambchop sono in sostanza Kurt Wagner – ha praticato una molto personale evoluzione nella continuità. Resta immutata alla base della sua musica un’attitudine tra il pigro e il trasognato, un’idea di flusso in equilibrio fra l’imperscrutabile e il coinvolgente. Al tempo stesso il country da camera dei primi lavori ha lasciato il campo a un suono molto digitalizzato, mentre la voce confidenzial-remota è oggi avvolta dall’autotune.
Il suono di This (Is What I Wanted To Tell You)
Se il precedente Flotus, l’inizio della fase modernista, perdeva a volte il filo del discorso e arrischiava qualche esperimento curiosamente stridente, This (Is What I Wanted To Tell You) scorre molto meglio, pur in assenza di melodie davvero strutturate come tali. Si va dal al crooning nostalgico di The New Isn’t So You Anymore al quasi funk di Everything For You fino all’oscurità ambient della title-track lungo una serie di microvariazioni eleganti e ben pensate che, una volta tanto, premiano l’ascolto attento (in questo viene in mente un referente abbastanza dimenticato quale i Blue Nile). Cosa più interessante è che, persino facendo dell’altro, il disco ha un suo modo suadente di insinuarsi nei pensieri. Non un’impresa da poco.
Resta da dire di Flower, brano di chiusura del disco, l’unico senza la parola “you” nel titolo, l’unico quasi senza effetti sulla voce e con la presenza dell’armonica del veterano di mille country sessions Charlie McCoy. Come se Kurt Wagner volesse dire che una canzone da portico di casa al tramonto la sa ancora scrivere.
Be the first to leave a review.