Michael Kiwanuka: da Love & Hate a Kiwanuka.
Pur mantenendo la produzione di Danger Mouse e di Inflo, come nel celebrato Love & Hate del 2016, il londinese Michael Kiwanuka con il suo terzo omonimo album sembrerebbe deciso a voltar pagina.
Così mentre quel disco si apriva con i dieci minuti di un trascinante crescendo soul-psichedelico, per i primi due brani di Kiwanuka – You Ain’t the Problem e Rolling – viene scelto un suono decisamente più retrò (tanto da evocare il Curtis Mayfield pre-disco di Move on up) e anche abbastanza convenzionale nello sviluppo.
Una varietà di stili
Ma già con I’ve Been Dazed, un brano che non sfigurerebbe nel songbook dei Radiohead, Kiwanuka ritorna prepotentemente a quel folk sinfonico che lo ha contraddistinto fino a oggi (e che trova le sue radici nei dischi di Terry Callier). Anche Piano Joint (This Kind of Love) e Hero (entrambi divisi in due parti, giusto per non lasciarlo fare a qualcun altro come nel caso di Cold Little Heart, brano ‘tagliato’ di tutta l’introduzione nella versione-sigla della serie Big Little Lies) appartengono a questo filone, apparentemente barocco, con archi, arpe, cori, ma sostenuto da tastiere minimali capaci di creare un’atmosfera surreale e suadente.
La cifra stilistica e la voce di Michael Kiwanuka
Proprio Hero, in cui compara l’omicidio dell’attivista degli anni ’60 Fred Hampton con le recenti sparatorie della polizia americana (“It’s on the news again, I guess they killed another”), riesce nell’impresa di unire le due direzioni musicali: da qui in avanti diventa questa la cifra stilistica del disco, intimista e corale al contempo (Hard to Say Goodbye).
C’è anche tempo di riflettere sul nostro futuro (Final days on the planet) e di ricordarci che tra i dischi consumati nella sua adolescenza ci sono sicuramente quelli di Donny Hathaway e di Bill Withers (Solid Ground). Se da un lato si percepisce un progetto volto a ‘costringere‘ ad un ascolto prolungato, quasi un concept-album non dichiarato, dall’altro affiora il limite di ribadire in ogni brano questa scelta. Ma è pur vero che con una voce come quella di Kiwanuka, ogni costrizione è una crudeltà sublime.
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