Dream Syndicate - How Did I Find Myself Here? | recensioneAnti- - 2017

Dopo 29 anni i Dream Syndicate tornano alla grande.

Dream Syndicate - How Did I Find Myself Here? | recensione
Anti- – 2017

Proprio perché fu gigantesco durante il primo inquieto sonno (1980-1987) dei Dream Syndicate, avremmo tutti perdonato a Steve Wynn una seconda nottata più tranquilla nella storia del gruppo. Persino un disco da minimo sindacale del sogno – chiedendo subito perdono per la battutaccia. Se poi si considera che Wynn è uno dei veri-rari gentiluomini del rock, la buona predisposizione d’animo era quasi un dovere.

I Dream Syndicate si riprendono il loro ruolo di maestri rock

Invece, 29 anni dopo Ghost Stories, How Did I Find Myself Here? è un album da paura. Sentito ad alto volume ti appiccica al muro, come si diceva una volta di gente tipo i System Of a Down. La cosa interessante è che lo fa senza aggressività, senza muso cattivo. Lo fa con stile (perché Steve Wynn è un gentiluomo, appunto). Si potrebbe parlare di psichedelia trasfigurata in space-garage (o viceversa). Ma sempre con qualche appiglio melodico, sempre con metodo. Anche dove è evidente l’idea di jam da studio, ad esempio la title-track, a un certo punto vengono comunque tirate le fila. Si deborda per meglio ristrutturarsi.

Con la sua tipica nonchalance, Steve Wynn riafferma il proprio ruolo di figura decisiva del rock contemporaneo. Se  King Gizzard & The Lizard Wizard sentissero un pezzo come Out of My Head cambierebbero sostanze per arrivare alle stesse altezze. E di fronte ai paesaggi epici di The Circle, beh, persino Neil Young resterebbe ammirato. Quanto ai War On Drugs, non sarebbe male se  andassero a ripetizioni di stile-senza-sforzo da Wynn.

In How Did I Find Myself Here? tutto funziona alla perfezione

L’interscambio delle chitarre è strepitoso come ai tempi dell’opera prima The Days Of Wine And Roses con il nuovo innesto Jason Victor che non fa rimpiangere Karl Precoda o Paul Cutler. La sezione ritmica di Mark Walton e Dennis Duck dà l’idea di avere aspettato per decenni questo momento da tanto è carica. Perfette anche le tastiere dell’ospite Chris Cacavas (a volte mixate troppo basse, giusto per fare almeno un appunto).

Il ritorno di Kendra Smith

Può bastare? Ancora no. Se si è paragonato How Did I Find Myself Here al disco del Vino e delle Rose è anche perché è tornata (solo in un pezzo però) Kendra Smith. Persa da qualche parte nel deserto californiano, Smith è stata interpellata da Wynn perché risistemasse, e poi cantasse, un testo. Il risultato è Kendra’s Dream, un brano che potrebbe uscito da una session fra Nico e i Neu! di 75. “It’s a beautiful dream” ripete più volte Kendra. E di sicuro parla dei Dream Syndicate.


Disco strepitoso, dunque, come anche il recente – e del tutto diverso – Hippopotamus degli Sparks. Grande annata il 2017 per i veterani rock.

The Dream Syndicate - How Did I Find Myself Here?
9 Voto Redattore
8 Voto Utenti (1 voto)
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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