Spoon-Thye-Want-My-Soul

Britt Daniel guida gli Spoon nell’ottimo They Want My soul

Non è un momento felice per le guitar bands: al di fuori di generi specifici, le chitarre tendono a lasciare il posto sempre più spesso ai suoni elettronici oppure a strumentazioni differenti. Persino Lazaretto di Jack White contiene più parti di piano che dello strumento che tutti associamo al rocker di Detroit. Gli amanti delle chitarre, soprattutto di quelle indie, possono allora trovare rifugio nell’ultimo disco degli Spoon, veterani della scena americana, che riescono ancora a soprendere con il nuovo They Want My Soul: non perché segni una direzione differente nella storia della musica, e a dire il vero neppure in quella della band, ma in quanto riesce a riproporre un suono ormai un po’ demodé all’interno di canzoni fresche e spesso molto belle.

 

La prima parte del disco è fulminante: l’iniziale Rent I Pay si apre con batteria e chitarre dalle reminiscenze Rolling Stones, mentre la successiva Inside Out impiega anche le tastiere per costruire un brano lievemente psichedelico altrettanto riuscito e Rainy Taxi e il singolo Do You sono canzoni indie pop altrettanto perfette. Con Knock Knock Knock il disco si mette su un binario meno esplosivo, sebbene la conclusiva New York Kiss potrebbe essere un altro singolo. Detto questo, They Want My Soul è perfetto nella sua immediatezza e nell’apparente mancanza di pretese; e la voce di Britt Daniel, perno e principale compositore, è rauca e intensa, portando molto bene i suoi 43 anni, nonché gli ormai 20 degli Spoon.

8/10

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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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