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di Antonio Vivaldi

“La fine sta arrivando, ma va bene così” (Train With No Name)

Il rock tonico-problematico va forte di questi tempi e i Veils, che bazzicano il settore da oltre dieci anni, vorrebbero raccogliere i consensi che meritano. Il problema è che non hanno ancora deciso dove collocarsi. Restano cioè un gruppo senza la potenza da main stage di Glanstonbury ma che nemmeno si contenta di un palco secondario. Il quarto album Time Stays, We Go non cambia troppo la situazione. Finn Andrews e i suoi  se la cavano discretamente  con i pezzoni a pronto pathos tipo Through The Deep, Dark Woods,  in cui evitano certamente la sicumera dei Courteneers,  tanto per fare un nome, ma non trovano mai quell’epos naturalmente roboante che rende così apprezzati i  Muse.  L’ambito che li mostra più convincenti  è in realtà  un altro. Grazie anche alla voce naturalmente drammatica di Andrews, i Veils sanno essere davvero incisivi  quando i toni si fanno sinuosi,  come nei paesaggi di frontiera alla Calexico di Turn from The Rain e Birds, oppure dove entra in scena l’ansia un po’ declamatoria di Dancing With The Tornado. Insomma, si fanno sentire meglio quando non alzano la voce –  e se anche, come dicono loro, la fine sta arrivando, questo disco è un buon (nuovo) inizio.

7/10

httpv://www.youtube.com/watch?v=XSYG6mymT7A

 

The Veils – Train With No Name

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