tricky false idols

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L’eredità del trip-hop e di Tricky.

Nell’era del trip hop semi-dimenticato e dopo un paio di episodi non del tutto convincenti, il mentore di Bristol torna sulle scene con un nuovo lavoro in cui finalmente tiene conto del tempo che passa. Nella cassetta di Tricky rimangono gli arnesi che lo hanno reso celebre assieme a Massive Attack e Portishead, ma la novità di False Idols sta in un suono più fresco rispetto ai precedenti Knowle West Boy e Mixed Race nei quali provava a diversificare l’approccio sonico con risultati opachi.

In compagnia di Francesca Belmonte, su False Idols Tricky ritrova l’ispirazione

Ecco dunque che False Idols (primo lavoro per l’omonima etichetta dopo il distacco dalla Domino) propone quindici brevi brani impreziositi da tre voci femminili, fra cui spicca quella di Francesca Belmonte (di padre napoletano e che, con il nome di Franky Riley, aveva già cantato in Mixed Race).

 

A lei va il merito di decorare l’album con una voce perfetta che fa di Nothing’s Changed e Does It i due episodi meglio riusciti. Ecco quindi un Tricky che riprende lentamente uno smalto che sembrava perduto, agitando un pentolone di suoni a tratti esotici ed elettronici, voci angeliche e diaboliche, soluzioni ritmiche intelligenti e un compendio riverniciato di un’esperienza che dura ormai dall’epoca dei Wild Bunch, l’embrione dei Massive Attack. Era il 1987 e Tricky, genio diciannovenne, concepiva il trip hop.

7/10

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Ha suonato con band punk italiane ma il suo cuore batte per il pop, l’elettronica, la dance. Idolo dichiarato: David Byrne. Fra le nuove leve vince St. Vincent.

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