Il 2017 jazz e la questione dell’età.
Non è tanto una questione d’età. Certo Miles Davis quando incise Kind of Blue aveva 33 anni, Louis Armstrong quando compose Potato Head Blues ne aveva 27 e Thelonious Monk quando scrisse il primo abbozzo di Round Midnight non arrivava a 20. Oggi scorrendo le liste dei migliori dischi jazz dell’anno appena trascorso non si può far a meno di notare che l’età media dei protagonisti farebbe impallidire anche la nostra ex ministra Fornero.
La ragion d’essere del jazz oggi
Eppure non è soltanto una questione d’età. Senza indugiare nella ‘Retromania’ – che si traduce nel linguaggio colloquiale con l’espressione “Ai miei tempi”, locuzione che vorrebbe rivestire con una patina di realtà un passato mitologico, idealizzato e mai esistito se non nella mente del locutore – il jazz, che insieme alle altre musiche ha subito una profonda mutazione strutturale dovuta alla liquefazione totale dei supporti (ma anche qui, non dimentichiamo che ogni innovazione tecnologica ha sempre radicalmente cambiato la musica in ogni suo aspetto), fatica oggi a trovare una sua identità e una sua ragion d’essere.
Il jazz e le lancette della storia
Non esistono più stili o forme che si facciano carico (o che siano in grado) di spostare in avanti le lancette della storia del jazz. Forse l’ultimo che ci ha provato è stato Wynton Marsalis, con la rilettura delle origini del suo neo-classicismo e con una contraddizione implicita che ne ha presto mostrato tutta la fragile inconsistenza.
Bisogna rassegnarsi all’idea che il jazz abbia ormai esaurito la sua “spinta propulsiva”. Quella spinta che gli aveva permesso nel secolo scorso di essere sempre in prima linea in tutte le rivoluzioni musicali, culturali ed estetiche; adesso è un genere come e tra tutti gli altri. A cui si guarda, da cui si attinge e che sempre più spesso trova nel suo passato le ragioni della sua attualità.
Retrospettive e materiali inediti
In questa prospettiva il 2017 sarà ricordato per i 100 anni dalla nascita di Thelonious Monk. Il pianista viene celebrato con la pubblicazione dei brani incisi per il film di Roger Vadim nel 1960, Les Liaisons Dangereuses e con un lussuoso cofanetto per collezionisti The Complete Prestige 10-Inch Lp Collection. A questi si aggiungono una serie di omaggi sui quali si eleva quello di Wadada Leo Smith (77 anni) Solo Reflections and Meditations on Monk. Importanti anche l’ennesimo (sempre benvenuto) inedito di Bill Evans, Another Time: The Hilversum Concert e quello di Jaco Pastorius, Truth, Liberty & Soul—Live in NYC: The Complete 1982 NPR Jazz Alive! Recording.
Le novità più significative
Tra le novità più interessanti Morphogenesis di Steve Coleman (61), Blue Maqams di Anouar Brahem (60), Far From Over del sestetto di Vijay Iyer (46), mentre tra le voci segnaliamo il raffinatissimo omaggio a Nat King Cole di Gregory Porter (46) e il nuovo Melanie De Biasio (39), Lilies.
Qualcosa di “giovane” anche nel jazz
Per scendere d’età e avvicinarsi a sonorità più contemporanee non restano che il sassofonista-amico-dei-rapper Kamasi Washington (37) e il bassista di tutti i dischi black più raffinati degli ultimi anni, Thundercat (33), Drunk. All’estremo opposto, il live di Martial Solal e Dave Liebman, Masters in Bordeaux, una strepitosa rilettura di classici (attenzione alla parola) del jazz, ci costringe a mettere tra parentesi la somma delle età dei due protagonisti (160).
Buon jazz a tutti!