King Crimson – Red. Per celebrare mezzo secolo di vita.

Red: il cielo senza stelle dei King Crimson caduto sugli anni Settanta.

“Il miglior album nella storia del rock” (parola di Kurt Cobain, 1967-1994, che il produttore di Nevermind, Butch Vig, riferì a John Wetton, 1949-2017) è pubblicato dalla Island Records di Chris Blackwell il 6 ottobre 1974: King Crimson – Red compie cinquanta anni tondi. Lo ha fatto una band che sta per sciogliersi. I King Crimson che a luglio erano entrati negli Olympic Studios di Londra per registrarlo erano ridotti a un trio: Wetton, basso e voce, Bill Bruford, batteria e percussioni, Robert Fripp, chitarra e mellotron, più il fidato tecnico del suono George Chkiantz.

Una band a pezzi

La settimana prima, in occasione dell’ultimo concerto al Central Park di New York del tour negli Stati Uniti, i tre avevano deciso a maggioranza (sì di Wetton e Fripp, no di Bruford) di escludere il talentuoso ma fragile David Cross. Senza la genialità bizzarra di Jamie Muir, il giullare rumoristico che aveva lasciato i Crimson dopo Larks Tongues in Aspic, 1973, per rinchiudersi sette anni in un monastero tibetano in Scozia, Cross, a disagio nelle dinamiche espressive d’una sezione ritmica dal suono potente, talvolta hard, aveva visto ridursi inesorabilmente gli spazi. Il suo violino nei concerti sovente era inudibile: nel postumo album dal vivo USA, si ovvierà con sovraincisioni di Eddie Jobson. Tornando in Inghilterra da solo, quattro giorni prima di entrare in sala d’incisione, Fripp aveva però scoperto che la E.G. Records, che curava il management, non aveva ancora informato Cross della sua estromissione, contrariamente agli accordi presi.

Wetton, Bruford e Fripp sono ancora capaci di grande musica, come testimonia la costruzione in studio della composizione squadrata, potente, che dà il titolo all’album, scaturita da un riff generato il precedente 15 giugno durante le prove per un concerto a Salt Lake City. Insieme, però, ci stanno da troppo tempo e i rapporti sono ormai logori. Avevano parlato di sospendere per due anni o di sostituire Cross e andare avanti per un po’ per vedere come andava a finire. Durante la seduta fotografica per ricavare la copertina, la tensione è tale che non si riesce a ricavare una buona immagine di tutti loro. Il risultato ultimo, i volti che emergono dal buio, verrà da un fotomontaggio.

La testa esplosa di Fripp

In quei giorni il chitarrista subisce quella che definirà “una conversione”. Lo catturano e lo sconvolgono gli scritti di John Godolphin Bennett (1897-1974), allievo di George Ivanovich Gurdjieff (1872-1949) nella ricerca della verità. Scrive sul suo diario: “L’8 luglio 1974, nella mia camera da letto, il giorno dopo che i King Crimson avevano cominciato le sedute d’incisione di Red, l’ultimo album, ho avuto una specie di visione […] Mi è esplosa la testa – non so trovare un termine migliore per descrivere quello che mi è successo” (cfr. King Crimson-Robert Fripp. Tutti i Testi e gli Scritti con Traduzione a Fronte di Paolo Bertrando, Edizioni Arcana, 1984).

Bennett morirà alla fine dell’anno a Sherborne, a una cinquantina di chilometri dal paese natio di Fripp, Winborne Minster, nella contea del Dorset. Per quella data i King Crimson avranno “cessato di esistere”, scriverà ancora Fripp nel suo diario. L’effetto dell’illuminazione lo porterà a isolarsi e a perdere interesse verso il disco. Sarà soprattutto Wetton a prendere in mano la situazione, mentre Bruford farà il suo con la consueta maestrìa non lasciandosi però coinvolgere nel montaggio. “È sorprendente che l’album abbia visto la luce” commenterà in seguito (cfr. King Crimson, gli Anni Prog di Andrea Soncini, Giunti).

Il ritorno di Ian McDonald

La novità che Wetton introduce è la riproposizione del polistrumentista che era stato il compositore più rilevante dei primi King Crimson. Per lui McDonald è la carta da giocare affinché la band si affermi come realtà del music business anticipando quello che sarebbe riuscito a fare otto anni dopo con gli Asia. Fripp non è d’accordo. Lui vede i limiti di credibilità che questa operazione può causare. E poi ormai ragiona, rispetto ai grandi gruppi rock asserviti alla spettacolarizzazione, come avrebbero fatto, qualche anno dopo, i musicisti punk. Si arriva a un compromesso: Mc Donald sarebbe stato presente come ospite. Altrettanto avviene per altri collaboratori preziosi che da tempo collaboravano con i Crimson: Mel Collins, anch’egli componente della band nel biennio 1971-‘72, Mark Charig, Robin Miller. C’è anche David Cross in Providence, improvvisazione del 30 giugno che fornisce al disco, altrimenti del tutto registrato e rifinito in studio, squarci d’improvvisazione.

Fallen Angel e One More Red Nightmare, con le musiche di Fripp e di Wetton nonché i testi inquietanti di Richard Palmer-James (già chitarrista fondatore dei Supertramp) che avevano caratterizzato anche gli altri due album precedenti, sono canzoni splendide che parlano, rispettivamente, d’un uomo che invita il fratello a unirsi ai famigerati motociclisti Hell’s Angels per poi vederlo pugnalato a morte per le strade di New York e dell’incubo d’un incombente disastro aereo dal quale un altro uomo improvvisamente si risveglia poco prima di schiantarsi. Nella prima c’è l’intervento d’un ignoto violoncellista che già aveva suonato in Red. Nella seconda compare il sax di Mc Donald che caratterizza anche la conclusiva Starless, una composizione principalmente di Wetton, ma accreditata al gruppo di cui faceva ancora parte Cross perché suonata dal vivo già da marzo.

King Crimson – Red: “Una dichiarazione conclusiva”

Starless, con i suoi dodici minuti e mezzo incredibilmente densi, è il canto del cigno d’una stagione, quella brillante per il rock progressivo, che dal disco d’esordio dei King Crimson, In the Court of the Crimson King del 1969, arriva fino al termine di quel 1974. A novembre i Genesis avrebbero pubblicato The Lamb Lies Down on Broadway, ultimo album con Peter Gabriel. Robert Fripp, sciogliendo la band per evitarne la trasformazione commerciale vagheggiata da Wetton, si dimostra ancora una volta attento a cogliere i segnali del cambiamento.

Nel testo di Palmer-James, variato a piacimento dallo stesso Wetton cantandolo dal vivo, c’è il rimando al titolo del precedente album, Starless and Bible Black, contenuto in un verso del dramma radiofonico Under the Milk Wood di Dylan Thomas che appassionava i ragazzi inglesi negli anni Cinquanta. Una versione embrionale della composizione fu effettivamente proposta dal bassista agli altri un anno prima, ma fu poi lasciata nel cassetto. Suonata per la prima volta dal vivo a Udine il 19 marzo, Starless sarà definita da Fripp “una dichiarazione conclusiva” perché rappresenta un punto d’arrivo non solo della terza versione dei King Crimson, quella del triennio 1972-’74 che in genere è la più amata dagli appassionati, ma del rock di quel tempo.

L’elegia malinconica della parte cantata, sostenuta dal mellotron, dalla chitarra nostalgica, dai fiati di McDonald e Collins, lascia spazio a un ostinato chitarristico che si sviluppa in dialogo con la batteria di Bruford fino all’esplosivo finale liberatorio che sembra non voler finire mai. Il 25 settembre 1974 Robert Fripp scioglie i King Crimson. Terminate le registrazioni per completare l’album Evening Star con Brian Eno, pubblicato nel dicembre ’75, il chitarrista entrerà nell’International Academy for Continuous Education di Bennett e non prenderà in mano il suo strumento per quasi due anni. Tornerà per incidere, raggiungendo Berlino dagli Stati Uniti, le sue parti in Heroes di David Bowie, pubblicato tre anni dopo Red.

Evitare lo scoppio della terza guerra mondiale

Per celebrare il cinquantenario, l’11 ottobre sarà diffuso dalle etichette DGM e Panegyric Records un cofanetto di quattro dischi (due Blu-ray e due cd) e da due dischi in vinile da duecento grammi. Nella versione da quattro dischi sarà inclusa la ristampa di Red rimasterizzata da Steven Wilson in Dolby Atmos, 5.1 DTS-HD MA, Surround and Hi-Res Stereo. Ci sarà inoltre un intero album di Elemental Mixes curati da David Singleton, storico produttore e manager dei King Crimson, che gettano uno sguardo, e le orecchie, alle sessions originali e alle scelte che la band ha fatto e che avrebbe potuto fare. Per il resto …

Si, lo so: vorreste sapere se ci sarà ancora una volta una reunion dei King Crimson. Interpellato, Robert Fripp disse due anni fa a Rolling Stone: “Se io sapessi con certezza che un tour dei King Crimson potrebbe evitare lo scoppio della terza guerra mondiale, alzerei di sicuro il telefono”. Dato il momento storico, potrebbe essere un’idea. Mister Fripp, ci salvi lei.

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Pietro Andrea Annicelli è nato il giorno in cui Paul McCartney, a San Francisco, fece ascoltare Sergeant Pepper’s ai Jefferson Airplane. S’interessa di storia del pop e del rock, ascolta buona musica, gli piacciono le cose curiose.

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