Hey Joe - Jimi Hendrix vs. Francesco Guccini

Jimi Hendrix – Hey Joe / Martò – Hey Joe.

Hey Joe - Jimi Hendrix vs. Francesco Guccini

Il titolo è un po’ fuorviante. La Hey Joe originale non è di Jimi Hendrix. E di chi sia nessuno lo sa con certezza, come vedremo fra poco.  Quanto alla Hey Joe italiana, Francesco Guccini figura solo come autore del testo. A interpretarla è l’oscuro cantante Martò. Anche questo lo vedremo fra poco.

Hey Joe è uno dei grandi brani del rock

Dunque Hey Joe: un classico, un caposaldo del rock tutto, specie per quanto concerne il cuore scuro di questa musica. Un classico anche per la sua origine misteriosa, una sorta di moderna questione omerica, su cui non mancano le trattazioni dettagliate.  La cosa qui c’interessa relativamente. In breve diciamo che nei primi anni ’60 viene considerata “tradizionale” (così è accreditata la cover di Tim Rose), ma senza fonti certe, dopodiché la si attribuisce al poco noto folksinger Billy Roberts. Il quale, a quanto pare, l’aveva scritta rielaborando un pezzo intitolato Baby Please Don’t Go To Town, composto verso il 1955 dalla sua fidanzata dell’epoca, Niela Miller.

L’immortale versione di  Jimi Hendrix

Comunque siano andate le cose, la prima versione importante, in chiave psico-garage, è quella dei Leaves (1965). Fra gli altri la riprendono anche i Love e i Byrds, questi ultimi troppo gentili con una materia così aspra. Materia invece plasmata alla perfezione dallo stregone Jimi Hendrix, il quale rende sinistramente epica e circolare sia la melodia sia la struttura call-and-response (tipica del folk) che caratterizza il testo. Siamo nel dicembre 1966: Hey Joe è il primo singolo a nome Jimi Hendrix Experience.

Una storia brutale

Hey Joe, where you goin’ with that gun of yours?
Hey Joe, I said where you goin’ with that gun in your hand, oh
I’m goin’ down to shoot my old lady
You know I caught her messin’ ‘round with another man
I’m goin’ down to shoot my old lady
You know I caught her messin’ ‘round with another man
And that ain’t too cool
Huh, hey Joe, I heard you shot your mamma down
You shot her down now
Hey Joe, I heard you shot your lady down
You shot her down in the ground, yeah
Yes, I did, I shot her
You know I caught her messin’ round, messin’ round town
Yes I did, I shot her
You know I caught my old lady messin’ ‘round town
And I gave her the gun
And I shot her
Alright
Shoot her one more time again, baby, yeah
Oh, dig it
Oh, alright
Hey Joe
Where you gonna run to now, where you gonna go?
Hey Joe, I said
Where you gonna run to now, where you gonna go?
I’m goin’ way down south
Way down to Mexico way
Alright
I’m goin’ way down South
Way down where I can be free
Ain’t no one gonna find me
Ain’t no hang-man gonna
He ain’t gonna put a rope around me
You better believe it right now
I gotta go now
Hey, Joe
You better run on down
Goodbye everybody

Che dire oggi di Hey Joe?

Oltre 50 anni dopo la vicenda di Hey Joe appare tutto tranne che politicamente corretta. Il protagonista spara due volte alla sua donna solo per averla vista “fare la scema” con un altro. Poi se ne scappa in Messico  dove “sarò libero/ nessuno mi troverà/ nessun boia mi metterà una corda intorno al collo”. Dunque, nel 2018 Joe andrebbe considerato riprovevole e basta. All’epoca dell’uscita, invece, il pezzo affascinò probabilmente per la sua dimensione “un uomo solo in fuga dal sistema”.  Lo si potrebbe anche interpretare come personaggio mitologico spinto da forze primordiali e incontrollabili (non a caso, il testo ricorda quello della ballata davvero tradizionale Little Sadie, dove però l’assassino è catturato e punito*). O forse la spiegazione è più semplice: la carica sensuale hendrixiana era troppo abbagliante – in particolare durante l’esecuzione del pezzo al Festival di Monterey  – per lasciar spazio alle questioni sociologiche.

La versione italiana

Il pezzo ovviamente non sfugge a chi nell’Italia beat di metà anni ’60 setaccia il fiume d’oro melodico proveniente da Gran Bretagna e Stati Uniti.  Centinaia di titoli vengono risuonati un po’ alla buona e, soprattutto, vengono tradotti, quasi sempre con scarso interesse per l’argomento trattato nell’originale.

Accade anche nel caso della Hey Joe di Martò, che però si ritaglia uno spazio specifico per due motivi. Innanzitutto perché non si rifugia nel sentimentale, come da facile scappatoia dei parolieri nostrani di allora. In secondo luogo perché la traduzione del testo viene affidata a Francesco Guccini, che già sta studiando da padre della canzone d’autore italiana impegnata e intanto ama i grandi della letteratura americana del ‘900. Ora però parliamo del misterioso Martò.

La storia di Martò

Giancarlo Martelli, in arte Martò, è uno dei pionieri della scena beat di Bologna, prima con i Copains e poi con i Judas, formazione che nel capoluogo emiliano rivaleggia con i Jaguars (in breve destinati a diventare i Pooh…). Nel 1967 Martò, a cui la leggenda attribuisce grande carisma scenico,  tenta di avviare una carriera solista che produce solo  il singolo Anima Crudele/ Hey Joe e una sfortunata partecipazione – ultimo posto in classifica –  al Cantagiro. Martelli  tornerà quindi nei Judas che, verso il 1977, si ricicleranno in chiave punk. Morirà qualche tempo dopo  in un incidente stradale.

Francesco Guccini traduttore

La Hey Joe di Martò è discreta ma derivativa, un po’ folk-rock con un unico guizzo rappresentato dai fiati quasi r’n’b del finale. Non male la voce, che si carica a poco a poco di rabbia. Venendo infine al testo, ecco spuntare  un terzo motivo d’interesse. Ci troviamo infatti di fronte alla traduzione di una traduzione. Guccini ricalca, in più punti quasi alla lettera (esclamazioni comprese), le parole francesi, scritte da Gilles Thibaut per Johnny Hallyday. (Nell’ottobre ’66 Hallyday aveva avuto la neonata Jimi Hendrix Experience a fare da apertura a quattro sue date francesi ed era rimasto impressionato dalla potenza di  Hey Joe). La stesura franco-italiana non c’entra nulla con l’originale. Niente più omicidio, niente più botta e risposta, ma solo un rabbioso atto d’accusa rivolto a un Joe silenzioso (e politicamente qualunquista) che si limita a rubar la fidanzata all’io narrante.

Un altro tipo di Joe

Hey Joe, aspetta un po’, non andare via così
Hey Joe, per dirmi solo ciao non morirai
Io rientro se mi pare, non mi importa se è tardi, il tempo è tutto mio
Ad aspettare me, tu lo sai che adesso c’è solo il freddo ormai
Hey Joe, parla un po’ eh, ma di che?
Hey Joe, della bomba, il Vietnam non t’importa di ciò [?]
Dici che tutta la vita è il metro delle 6 e ciascuno per sé
Ma per te c’è sempre un posto ma non per me, perché?
Hey Joe, perché sei fortunato solo tu?
Hey Joe, di fortuna non te n’è rimasta più?
Tu hai le tasche sempre piene, la macchina giù in strada
Ma se non vuoi che dica ciò io attaccherò [riattaccherò]
Ma Joe, io non ho più niente ormai
E io vorrei sapere, Joe, perché lei sta con te, bravo!
Lo sai, Joe, che ieri io mi sarei cambiato in te
Ma Joe, so che ti farà soffrire [incomprensibile]
Hey Joe, buona fortuna Joe
Hey Joe, buona fortuna Joe

La cover di una cover

Dunque si tratta di un Guccini che mette poco o nulla di sé. Non sappiamo  perché un estimatore di cose americane come lui abbia scelto di lavorare sul testo francese anziché sull’originale d’oltreoceano. Oppure su parole scritte ex-novo, come fa invece, più o meno nello stesso periodo, con Death Of A Clown dei Kinks, trasformata in  Un figlio dei fiori non pensa al domani per i Nomadi. Probabilmente preferisce alla murder ballad una storia che illustri la contrapposizione fra menefreghismo/arrivismo e  buoni principi. Un tema  da lui affrontato (“Il perbenismo interessato/ La dignità fatta di vuoto”)  nella quasi contemporanea Dio è morto, super-hit affidato anche stavolta ai Nomadi.

Occorre ammettere che nel caso di Hey Joe  Guccini non lavora troppo bene. Fatica con la metrica e allunga  troppo i versi mettendo in difficoltà il povero Martò, che in alcuni punti pronuncia parole poco comprensibili. Viene persino da immaginare che il futuro ur-cantautore (tra l’altro ottimo conoscitore della lingua inglese) non sia troppo convinto dell’impresa affidatagli e si limiti perciò a riprendere le liriche di Thibaut.

Si tratta  dunque di una  vicenda forse solo curiosa che però mette in fila tanti nomi famosi (Hendrix, Hallyday, Guccini, anche i Pooh…) a cui si aggiunge quello  del povero Martò. Del quale si continua a sapere ben poco.

Una nuova Hey Joe italiana

Concludiamo con una sorta di poscritto. Nel 1998 gli Avvoltoi  ritraducono in italiano Hey Joe ripristinando nella vicenda quello che oggi le cronache chiamano femminicidio. “Hey Joe, ti ho mai parlato di lei… Hey Joe, ora la ucciderò…” Poi una sorta di giustificazione: “Hey Joe, io non volevo…”.

E se qualcuno riproponesse Hey Joe negli anni di #MeToo cosa succederebbe?

 

 

(*) Ancora più a monte c’è il gruppo di ballate scoto-inglese che fanno capo a The Outlandish Knight. dove il cavaliere venuto da lontano seduce una donna e poi cerca di ucciderla. Ma lei non solo la franca, addirittura rovescia la situazione e fa secco il cattivo. 

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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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