Lisa Marie Presley (Memphis, 1º febbraio 1968 – Los Angeles, 12 gennaio 2023).
Il 12 gennaio qualcuno, là fuori, a Memphis, deve aver davvero spento le luci: e così facendo si è portato via Lisa Marie Presley, unica figlia di Elvis e Priscilla. In quel posto rimasto vuoto, in quel dannato parco funebre sul retro di Graceland, di cui cantava in Lights Out, esordio tristemente premonitore del 2003, Lisa Marie tornerà, decisamente troppo presto, ad abbracciare i suoi.
Quando si è figli di grandi artisti, si è quasi sempre artisticamente destinati all’inesistenza. Ma Lisa Marie Presley ha chiesto alla vita di non essere soltanto un nome stampato sull’aereo privato di un padre enorme o la bambina svegliata nel sonno e portata via da Graceland da Priscilla, nella notte dell’addio.
Chi scrive è convinto, al di là del rito del commiato, che lo sforzo di non passare in giudicato come l’ombra senza dimensione di un padre impossibile non sia stato speso inutilmente. E questa bambina difficile e mai del tutto cresciuta, che dichiarò di aver coabitato da sempre con la morte, merita quantomeno, nel giorno dei saluti, di non essere sepolta sotto il glamour nero di una vita costellata di lutti familiari, cadute personali e matrimoni impossibili.
Tre dischi per ricordarla
Lisa Marie ha tentato la sua sfida della libertà lungo la strada della musica, cioè, per la figlia unigenita di Elvis, sul sentiero lastricato delle peggiori previsioni e dei rischi più ingrati. Ben consapevole che così facendo il fantasma del padre non sarebbe stato “a million miles behind”, come canta ancora in Lights Out, ma ben fermo davanti a lei e che in quell’abbraccio avrebbe finito per cadere e forse soffocare.
Tre album in venti anni, che l’hanno vista virare dal rock mainstream e ripetitivo di To Whom It May Concern (2003) alle atmosfere più morbide e intrise di ombre country e blues dell’ultimo Storm & Grace (2012), passando per il non memorabile rock radiofonico di Now What (2005).
Non è un capolavoro, Storm & Grace, ma un frutto onesto e ricco di succhi gradevoli, cantato con intensità da una voce a cui la vita aveva portato spessore. Cresciuto fuori dal giardino di Graceland, non privo di meditata mestizia e disinganno, ricco di ballate dolorose, assorte e corrugate, ma anche di scatti ritmici, merita di essere tirato fuori dai cassetti e riascoltato oggi.
Storm & Grace ci servirà, quantomeno, a ricordarla come ci piace pensare Lisa Marie avrebbe voluto. Come una figlia che ha tentato la sua faticosa strada fuori dalle fauci gigantesche di un’ombra ingestibile, lasciando dietro di sé qualche briciola d’arte. Non soltanto come la sorridente bambina in braccio ad un padre gigante, amorevole ed assente nelle sbiadite foto della sua infanzia; mai come un nome sul jet di una star.