David Johansen

Time adesso suona anche per David Johansen.

L’artiglio del tempo non avrebbe strappato a David Bowie soltanto Billy Murcia (Bowie lo piangeva in quel capolavoro di smottamenti interiori che è Time). A guardarla a distanza di qualche decennio la casa caciarona e festosa dei New York Dolls sarebbe apparsa per quel che ne era rimasto, un desolato mucchio di rovine senza più lustrini.

Venti anni dopo Billy se ne sarebbe andato Johnny Thunders e, a un anno di distanza, Jerry Nolan. Il turno di Sylvain Sylvain sarebbe arrivato nel 2021. Ormai lontanissimo dalla musica, autorecluso in religiose opere, nel 2004 era stata la volta di Arthur Kane. Sopravvissuto a tutti, David Johansen, fino al 28 febbraio 2025, se ne va a settantacinque anni miracolosamente raggiunti e molto sofferti.

Dopo i New York Dolls, Buster Poindexter

Sopravvissuto ai New York Dolls, al glam, alla loro immagine sfacciata di drag tossiche, al suo divertente alter ego swing, Buster Poindexter, e anche a se stesso, come tutti i Dolls, dopo i Dolls.

Il gruppo musicale che in quel 1973 più accese e divise gli animi (i lettori di “Creem” sui spaccarono e votarono i Dolls sia come migliore sia come peggiore band dell’anno) deve molto al suo volto e alla sua vitalità dirompente e guascona.

Voleva abbattere gli steccati e fare festa David Johansen. Ne fecero così tanta i Dolls, di festa, che alla fine del tour di Too Much Too Soon si trovarono senza un contratto e, con pochi strascichi, la finirono lì.

New York Dolls e Too Much Too Soon

Restano di loro, a distanza di oltre mezzo secolo, due album straordinari New York Dolls e Too Much Too Soon e qualche inedito di pregio. Proto glam, proto punk, proto tutto. Ammirati, come Bolan, da Bowie, come Bolan vampirizzati, da Bowie. Gli steccati no, non li ha abbattuti David Johansen. C’è voluto, ci vorrà ancora tempo. Ma un bel calcio in culo al conformismo, con i suoi stivaloni luccicanti e la sua capigliatura cotonata, glielo ha dato eccome, David. E noi allora lo salutiamo un po’ commossi, oggi, e rendiamo grazia oggi per averlo e per averli avuti e speriamo, a breve, di tornare a parlar di lui, di loro e delle loro indimenticabili crisi di personalità.

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Ha iniziato ad ascoltare musica nel 1984. Clash, Sex Pistols, Who e Bowie fin da subito i grandi amori. Primo concerto visto: Eric Clapton, 5 novembre 1985, ed a seguire migliaia di ascolti: punk, post punk, glam, country rock, i pertugi più oscuri della psichedelia, i freddi meandri del krautrock e del gotico, la suggestione continua dell’american music. Spiccata e coltivata la propensione per l’estremo e finanche per l’informe, selettive e meditate le concessioni al progressive. L’altra metà del cuore è per i manoscritti, la musica antica e l’opera lirica. Tutt’altro che un critico musicale, arriva alla scrittura rock dalla saggistica filologica. Traduce Rimbaud.

Di Enio Bruschi

Ha iniziato ad ascoltare musica nel 1984. Clash, Sex Pistols, Who e Bowie fin da subito i grandi amori. Primo concerto visto: Eric Clapton, 5 novembre 1985, ed a seguire migliaia di ascolti: punk, post punk, glam, country rock, i pertugi più oscuri della psichedelia, i freddi meandri del krautrock e del gotico, la suggestione continua dell’american music. Spiccata e coltivata la propensione per l’estremo e finanche per l’informe, selettive e meditate le concessioni al progressive. L’altra metà del cuore è per i manoscritti, la musica antica e l’opera lirica. Tutt’altro che un critico musicale, arriva alla scrittura rock dalla saggistica filologica. Traduce Rimbaud.

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