Willy DeVille

I nativi americani: una tradizione misconosciuta.

Notare in questo video come uno straordinario strumentista nativo americano di nome Justin Johnson padroneggia una chitarra a tre corde costruita su una vanga:

 

Non è forse tutta qui la radice della vera musica americana? Siamo abituati a pensare all’origine del blues e dello spiritual come una cosa di esclusiva prerogativa della comunità afro-americana, mentre in realtà si tratta di un incontro di più influenze dove gli indiani rivendicano un ruolo predominante. Il battito dei tamburi, il canto corale e il lamento per la terra usurpata a chi appartengono se non a loro?

 

Basta ascoltare la chitarra di Keith Secola e il canto della corista alla fine di Wailing Blues per rendersene conto.  Oppure il rap di Pura Fé in Stand Up for Human Pride per capire che nemmeno l’hip-hop è estraneo alle radici indiane (ascoltare come la rapper Leilani si inserisce nel minuto 3:41).

 

Reservation Blues

Nel romanzo Reservation Blues, scritto dall’autore nativo americano Sherman Alexie, il chitarrista blues Robert Johnson è in fuga dal diavolo col quale aveva stretto un patto di cui si è oramai pentito. Johnson ha simulato la propria morte e coglie di sorpresa l’intera comunità indiana di Spokane presentandosi lì con nient’altro in suo possesso se non un abito logoro e una chitarra a tracolla. Sta seguendo le istruzioni di un sogno da lui ritenuto profetico secondo cui soltanto la riserva potrà offrirgli un buon rifugio. Gli indiani lo accolgono perché essi credono nei sogni perlomeno quanto Freud, ci spiega la trama del libro. Essi inoltre rispettano Robert Johnson perché non c’è niente di più indigeno del blues. Sia lui che la comunità nativo americana parlano la stessa lingua ancestrale. Il loro incontro rappresenta un ritorno alle origini.

Le origini del rock

“Gli indiani sono come Gesù / appesi alla croce”, canta John Trudell in Hanging From The Cross. Le sue composizioni sono poesie accompagnate da una formazione elettrica. I temi spaziano dallo stato di abbandono del nostro pianeta all’avidità delle multinazionali e alle difficoltà nella vita di coppia. John Trudell non canta, recita.

Le origini ‘indiane’ di molte stelle del rock

Il suo repertorio racchiude anche canzoni briose come Baby Boom Che, dedicata al fondatore del rock’n’roll di origine Cherokee Elvis Presley. Lo sapevate che Elvis era di origine indiana da parte di madre? Trudell lo definisce il Che Guevara del rock’n’roll per la maniera in cui ha saputo risvegliare l’America. Elvis diventa così il generale di una nuova versione della guerra civile americana combattuta in nome della gioia di vivere contro la repressione dei sentimenti.

Steven Tyler degli Aerosmith, anch’egli di origine Cherokee, con il pezzo Janie’s Got A Gun racconta invece la storia di una ragazza vendicatasi contro il padre dopo anni di molestie sessuali. Di solito la musica di largo consumo rifugge da temi così scabrosi. Janie’s Got A Gun fa eccezione e si merita un encomio.

Vogliamo continuare con la lista dei musicisti di discendenza nativo americana? Il re del soul & funky James Brown aveva sangue proveniente dalla tribù dei Tuscarora. Hank Williams Sr, considerato il fondatore della country music, aveva sangue Choctaw. Buddy Holly aveva lontane origini indiane come pure la regina rock del palcoscenico Tina Turner. Stesso discorso per il padre del blues di Chicago, Muddy Waters, e per il padre del Delta Blues, Charlie Patton. Il chitarrista Ben Harper ha origini Cherokee.

Music For The Native Americans

Le origini del rock

Willie Nelson, leggenda vivente del country, è per metà Cherokee. Robbie Robertson, il chitarrista di The Band di origini Mohawk, ha dedicato l’album Music For The Native Americans alle sue radici. E come dimenticare i Neville Brothers, di retaggio Choctaw? Sono tra i portavoce dello spirito di New Orleans con brani indimenticabili come Yellow Moon, Sons and Daughters e – ovviamente – Voodoo. E a proposito di cerimonie magiche un posto d’onore spetta al maestro della chitarra elettrica Jimi Hendrix, di stirpe Cherokee da parte di madre, e alla sua Voodoo Child.

Willy DeVille

L’album Pistola è il testamento musicale di Willy DeVille, di lignaggio Pequot. L’ultima canzone Mountains Of Manhattan apre con le note di un flauto, un omaggio alle sue radici e al mito di Kokopelli, il trickster indiano suonatore di flauto che guida le tribù conducendole verso la luce. Il brano non può essere compreso appieno se l’ascoltatore non si munisce di alcune informazioni di carattere storico per apprendere che l’isola di Manhattan, anticamente nota come “Manna Hatta”, era territorio di caccia per gli indiani. Essi non credevano nella nozione di possesso. I primi colonizzatori, cioè gli olandesi, ne approfittarono per insediarvi le proprie comunità.

 

La chiamarono Nuova Amsterdam. Solo successivamente l’isola fu ceduta agli inglesi che la ribattezzarono New York. “Tutto viene preso senza onore / e non appartiene a nessuno”, recita Mountains Of Manhattan di Willy DeVille.

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Trevigiano di nascita e romano di adozione. Nel maggio 2016 ha pubblicato “Ballando con Mr D.” sulla figura di Bob Dylan, nel maggio 2018 “Da Omero al Rock”, e nel novembre 2019 “Twinology. Letteratura e rock nei misteri di Twin Peaks”.

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