St. Vincent porta il tour di All Born Screaming a Milano.
Al Fabrique di Milano martedì 22 ottobre ha avuto luogo uno dei concerti più attesi dell’anno. Le aspettative non sono state tradite. Inutile dire che Anne Clark aka St. Vincent è una delle artiste migliori in circolazione. Cosi come è inutile ricordare il suo curriculum dall’album con David Byrne (Love This Giant 2012), alle collaborazioni illustri fino alla prossimità con David Bowie chiamata in causa dalla stampa più accreditata per svariati motivi, non ultimo il batterista del tour, Mark Guiliana, già al lavoro col duca bianco su Blackstar.
La performance
St. Vincent si presenta in piena forma con uno show, di un’ora e mezza circa, perfetto, sessuale/sensuale, energico e con tutti gli ingredienti che servono per decretare un successo annunciato. Alle 21.30 cala il buio e sulle note di Reckless si parte con una calma tesa. Il brano esplode, le luci si accendono come lampi e sul palco c’è lei: un’indemoniata che ricorda, come anche in altri momenti, Bella Baxter (Povere Creature). Si muove in maniera scomposta, catalizza la platea dal primo sputo sul tailleur nero con mutanda bianca rigorosamente a vista, cambia faccia. Ora è una ragazzina americana con gli occhi dolci e un attimo dopo un’inquietante teppista stralunata.
La capacità di imprigionare un pubblico in delirio è immediata e le abilità di St. Vincent come performer sono ampiamente confermate dal primo all’ultimo brano in scaletta. Un’ulteriore nota di merito va alla la band composta da Jason Falkner, Rachel Eckroth, Guiliana, già con St. Vincent nel tour precedente, e la new entry: Charlotte Kemp Muhl, strumentista e modella, il lato glamour non manca mai. Lei è la vera “benzo beauty queen” (The Meltin Of The Sun, cit.). Splendida e algida.
St. Vincent – All Born Screaming Tour
Si procede con Fear The Future, Los Ageless, Big Time Nothing e Marrow. Una scelta di brani assolutamente eterogenea che spazia dal rock, ovviamente declinato “alla maniera di St. Vincent” che meriterebbe un discorso a parte, al pop fino all’aspetto cantautorale e più intimo di Violent Times, qui eseguita con piano solo: uno dei brani più interessanti dell’ultimo album funziona anche così. Poche parole e pochi orpelli, ma presenza scenica, perfezione tecnica e vocale sono gli elementi che rendono la serata unica. A metà show i momenti più entusiasmanti con Pay Your Way In Pain, Digital Witness e la commuovente, quanto irresistibile, Sweetest Fruit dedicata a Sophie (Xeon) che per vedere la luna dai tetti è finita malissimo, “but for a minute what a view!”. Non mancano le ultime hit, da Flea a Hell Is Near fino a, ovviamente, Broken Man. In mezzo Birth In Reverse, Sugar Boy e sulle note di New York “the Goddess” attraversa la sala intera sorretta dalla folla adorante.
Andata e ritorno. Il finale è affidato a All Born Screaming e non poteva esserci un brano più adatto con tanto di coro conclusivo. Un solo rientro con Somebody Like Me voce, pianoforte e … pigiama, unico cambio d’abito. Non ne erano necessari altri. Come non è necessario dire altro su uno show semplicemente straordinario. Purtroppo quella di Milano è stata l’unica data in Italia, noi riempiamo gli stadi in maniere diverse…