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di Mariangela Macocco

Dicembre è stato un mese impegnativo per i Détroit: sabato 13 si è conclusa a Nantes la lunga tournée che li ha visti protagonisti, a partire da questa primavera, sulla scena di sale piccole o grandi, o nel contesto di festival rock, un pò in tutta la Francia (ma anche in Belgio e in Svizzera). Ho potuto assistere a varie date di questo tour: in particolare sono stata presente a molti degli appuntamenti parigini, e, infine, sono stata alla data di Nantes, con la quale il gruppo ha salutato temporaneamente il suo pubblico, che non ha mai latitato a dispetto del silenzio decisamente surreale della stampa nazionale francese (e di quella italiana?). Cercherò, quindi, con questo pezzo, di raccontarvi qualcosa del mio dicembre con i Détroit.

La mattina del 2 dicembre verso le 12.00 arriva la prima sorpresa: un breve post sulla pagina Facebook del gruppo annuncia un concerto straordinario per la sera stessa alla Maroquinerie, un piccolo locale storico (con una sala con capienza massima di 450 persone) nel XX arrondissment. I biglietti, disponibili online a partire dalle 14.00 del pomeriggio, vanno esauriti in pochissimi minuti, a dimostrazione dell’attesa palpabile che ha fatto da cornice a ogni loro esibizione – in particolar modo parigina – ma non solo. Che dire di questo concerto fuori programma di Bertrand Cantat e soci, in una piovosa sera parigina pre-natalizia? Purtroppo si capisce subito che Cantat non sta bene ed è senza voce, cosa su cui scherzerà lui stesso più avanti, durante lo spettacolo, senza che ciò gli impedisca di regalare comunque ai pochi fortunati presenti un’ulteriore esibizione generosa e di alto livello, in un contesto che, surrealmente, riporta alla mente quelle dei gruppi di amici nella palestra del liceo.

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Il concerto si apre con i pezzi più lenti dell’album Horizons, Glimmer in your eyes, Ma muse, la stessa Horizons, pezzi introduttivi che scaldano la sala pienissima in ogni angolo, fino all’arrivo dei brani rivisitati dei Noir Désir, a partire da Lazy, fino a Le Fleuve, Le vent nous portera e Un jour en France.  Dopo la prima pausa, il concerto si chiude con Sa Majesté, la prima versione lunga di una serie parigina che raggiungerà il suo culmine il giorno dopo allo Zénith di Parigi. Queste due versioni di Sa Majesté a Parigi, in questo dicembre 2014, si trasformano in due lunghe invettive sulla falsariga di L’Europe, brano di venti minuti contenuto in Des visages des figures, e sono forse piu’ parlate che cantate, ma alla fine sono sempre inframmezzate da una musica ipnotica e ritmatissima, a meta’ fra pezzo rock e pièce teatrale, con la voce di Bertrand Cantat lì, a declamare davanti a un pubblico pur sempre presente a un concerto, concetti fortissimi, riscritti e rielaborati in ogni occasione, declinati in una prosa poetica che ha sempre anche la tonalità fiammante dell’impegno politico.

Sa Majesté è l’ultimo pezzo della serata del 2 dicembre, la voce se ne era già andata con Null and Void, ma il concerto della Maroquinerie ha mostrato ancora una volta la coesiene del gruppo, il cui centro rimane certo Bertrand Cantat, ma che, nondimeno, ha visto progressivamente diventare essenziali, le presenze degli altri quattro (Pascal Humbert, Bruno Green, Niko Boyer, Guillaume Perron), e non solo per i brani targati Détroit, ma anche per i pezzi storici dei Noir Désir.

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Il giorno dopo, allo Zénith di Parigi, tutti ci chiedevamo in che condizoni fosse la voce di Bertrand Cantat e se il concerto supplementare alla Maroquinierie si fosse rivelato troppo rischioso in vista dell’appuntamento dello Zénith. Non siamo certo stati delusi: senza mezzi termini e senza timore di esagerare si può dire che quello del 3 dicembre allo Zénith di Parigi è stato il concerto perfetto di questo 2014. Introdotti da un trascinante Souleymane Diamanka, poeta-paroliere, amico di lunga data di Bertrand Cantat, i Détroit hanno regalato una serata trascinante al pubblico di uno Zénith al completo, a testimonianza del fatto che Cantat non solo è tornato, ma è tornato in uno stato di grazia a conferma un talento cristallino, una passione senza mezzi termini e una capacità di infiammare il pubblico come pochi altri, e non solo in Francia.

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Se la setlist non varia da concerto a concerto, mescolando come di consueto i brani dei Détroit e i vecchi pezzi dei Noir Déz, la performance invece è di volta in volta differente, con variazioni soprattutto testuali, in particolar modo su certi brani, che consentono sempre nuove declinazioni poetiche. Allo Zénith di Parigi è la volta di Sa majesté certo, ma anche di Le Fleuve. Con Droit dans le soleil arriva il momento dell’emozione palpabile. Il pubblico alla fine del pezzo regala la prima standing ovation interminabile a un Bertrand Cantat commosso fino alle lacrime. Al consueto ringraziamento a parole seguirà un ringraziamento nei fatti con una versione indimenticabile di Tostaky, la più bella se si fa eccezione del grande finale di Nantes, di cui dirò poi.

Gli undici minuti di Tostaky dello Zénith di Parigi sono un misto di energia, rock, poesia, musica e coinvolgimento del pubblico. Chi ha assistito almeno una volta a una esibizione dei Détroit o dei Noir Désir potrà immaginare cosa significhino queste parole. A tutti gli altri non posso che augurare di avere la fortuna di assistervi almeno una volta.  Per quanto mi riguarda credo che con i Détroit il brano stia vivendo una seconda vita e non abbia per nulla subito l’usura del tempo.

Alla fine dopo quasi due ore e mezzo di spettacolo si fa fatica a lasciare la sala e i commenti che ho avuto modo di udire anche da parte di neofiti, non fans del gruppo, sono unanimi: Parigi è conquistata, e trionfalmente.

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Allo Zénith di Nantes, sabato 13, come dicevamo, si è chiusa la tournée 2014 dei Détroit. L’atmosfera era duplice, di grande gioia certo, da parte del gruppo, sorpreso da una accoglienza ovunque caldissima, e già di nostalgia da parte del pubblico ma anche da parte della band. All’ingresso fra il pubblico in attesa cominciano a passare di mano in mano fogli, con stampata la scritta ça va nous manquer tout ça, che saranno sollevati dalle prime file sulle note di A ton étoile strappando un visibile sorriso alla band.

Il concerto di Nantes merita di essere ricordato, fra le altre cose, per una versione estremamente energetica di Gimme Danger ma anche per una serie di gag impreviste sul palco, a testimonianza della bella atmosfera presente fra i membri della band, davvero molto affiatata ma anche fra la band e tutta l’équipe che ha lavorato con il gruppo durante il tour. Fra le più divertenti penso all’angelo un pò bizzarro che appare sullo sfondo come un deus ex machina, sulle note di Lolita nie en bloc (“…un ange passe”), o ai membri dell’équipe con tanto di parrucche colorate che salgono sul palco durante la prima versione di Tostaky. Si, perchè Tostaky tornerà ancora a chiudere il concerto con la presenza straordinaria di Frah di Shaka Ponk e di Souleymane Diamanka: i tre finiscono per tuffarsi nel pubblico, una vera marea vivente, scatenando l’entusiasmo dei presenti e con il risultato che Cantat terminerà il concerto con la t—shirt strappata.

Tutta l’équipe viene poi richiamata sul palco in un saluto globale e collettivo. Durante il concerto Bertrand Cantat aveva menzionato per ringraziarli, anche Robert Devreu (poeta francese traduttore di Sofocle) e Wajdi Mouawad, con i quali l’intesa, dai tempi della trilogia dedicata a Sofocle, si è rivelata estremamente forte e feconda.

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Cosa rimane dunque di questo tour? La conferma che il talento di Bertrand Cantat non è mai venuto meno, un talento che il tempo e le vicende della vita ci hanno fatto riscoprire in tutte le sue possibili declinazioni, la certezza che il legame con il pubblico è fortissimo e la sorpresa di una nuova band, i Détroit, matura e coesa, che non fa rimpiangere il passato. 

Sarebbe bello leggere altrove recensioni e resoconti su questa bella esperienza che ha scandito tutto il 2014. La stampa pare non essersi accorta di questo ciclone emotivo (ma non solo, mi piace sottolineare quanto sia oggettivamente bello l’album Horizons e anche il DVD del concerto di giugno alla Cigale riesce a mettere in luce il vero talento che ci sta di fronte) che le passava accanto. Verrà il momento in cui non si potrà più nè nascondere nè negare un successo così cristallino. Per ora mi limito a consigliarvi di non perdere di vista Cantat e soci.

Ps: le foto, scattate alla Moroquinerie, sono di Marina Montesano

 

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Le mois de décembre a été très chargé pour Détroit: samedi, le 13 décembre la longue tournée dont ils ont étés les acteurs, depuis ce printemps, sur la scène de petites salles comme de plus grandes ou dans le cadre de festivals rock, en France, en Belgique ou en Suisse, s’est achevée à Nantes.
J’ai eu la chance d’ y être de nombreuses reprises, évidemment lors des rendez-vous parisiens et, enfin, j’étais à la dernière de Nantes, concert à la fin duquel le groupe a donné son au revoir à un public qui a toujours été là, malgré le silence parfois surréel de la presse française (et peut-être même de la presse italienne…).
Je chercherai, donc, avec cet article, à vous faire part, à ma manière, de mon mois de décembre avec Détroit.

La première surprise s’annonce déjà le 2 décembre, vers midi : un court post sur la page Facebook du groupe révèle un concert exceptionnel qui aura lieu le soir-même à la Maroquinerie, une petite salle historique du XXème arrondissement, assez grande pour un public d’à peine 450/500 personnes. Les billets, disponibles en ligne à partir de 14 heures se sont tous vendus en un instant, comme pour réaffirmer l’attente palpable qui a caractérisée chacune de leurs apparitions, à Paris, mais pas seulement.
Que peut-on dire de ce concert imprévu de Bertrand Cantat & Co, lors d’ une pluvieuse nuit parisienne juste avant Noël ? Malheureusement, on comprend, tout d’abord que Cantat ne se sent pas bien et que sa voix en souffre beaucoup, fait sur lequel il plaisantera lui-même, pendant la soirée. Néanmoins, cela ne l’empêchera pas de donner aux présents, quelques centaines de chanceux, un spectacle très généreux et d’un très haut niveau, dans un contexte qui, dans une manière surréelle nous rappelle les concerts des nos amis du temps du lycée.
Le concert débute avec les titres, les plus lents de l’album Horizons, Glimmer in your eyes, Ma muse, et enfin Horizon, des morceaux introductoires qui chauffent une salle comble dans tous les coins. C’est après cela qu’arrive le moment des très attendues reprises de Noir Désir, en commençant par Lazy, puis Le Fleuve, Le vent nous portera et Un jour en France.
Après une courte pause, le concert se termine avec Sa Majesté, présentée dans une version plus longue que d’habitude, première version d’une série de deux, à Paris, série qui atteindra son sommet le jour suivant au Zénith.
Les deux versions parisiennes de Sa Majesté, en ce mois de décembre 2014, se transforment en deux longues invectives, sur l’exemple de L’Europe, titre d’un vingtaine des minutes présent sur l’album Des visages des figures. Elles sont plus parlées que chantées, mais elles sont quand-même portées par une musique hypnotique et très rythmée, à la fois chanson rock et pièce de théâtre. La voix de Bertrand Cantat est là, prête à déclamer, face à un public présent pour assister à un concert rock, il ne faut pas l’oublier, des concepts très forts, écrits et élaborés chaque fois à nouveau et déclinés avec une prose poétique qui n’oublie jamais la tonalité flambante de l’engagement politique.
Sa Majesté est le dernier morceau de la soirée du 2 décembre, la voix étant déjà plus qu’enrouée à partir de Null and Void. Le concert de la Maroquinerie a réussi à nous montrer, une fois en plus la cohésion du groupe, dont le centre reste très certainement Bertrand Cantat, mais il nous a aussi révélé au fur et à mesure l’apport essentiel des quatre autres membres Pascal Humbert, Bruno Green, Niko Boyer, Guillaume Perron, et cela est vrai non seulement pour les titres de Détroit, mais aussi pour les titres historiques de Noir Désir.
Le jour suivant, au Zénith de Paris, tout le monde se demandait dans quel état serait-elle la voix de Bertrand Cantat et si le concert supplémentaire de la Maroquinierie ne s’était pas révélé trop risqué en vue du rendez-vous du Zénith. Personne n’a été déçu : sans crainte et sans demi-mesures on peut affirmer en toute tranquillité que le concert de Détroit au Zénith de Paris le 3 décembre s’est révélé le concert parfait pour 2014.
Introduit par un entraînant Souleymane Diamanka, poète et parolier, ami de longue date de Bertrand Cantat, Détroit a fait le cadeau d’une soirée exceptionnelle à un public rassemblé dans un Zénith complet, témoignage du fait que Cantat n’est pas seulement revenu sur scène, mais il est revenu dans un état de grâce, preuve d’un talent rayonnant, d’une passion véritable et d’une capacité d’enflammer le public.
Si la setlist ne change pas d’un concert à l’autre, elle alterne comme d’habitude les titres de Détroit avec les titres historiques de Noir Déz. Le spectacle auquel on assiste est chaque fois différent avec des variations surtout au niveau textuel, en particulier par rapport à certaines morceaux qui ont la particularité de toujours permettre des nouvelles déclinaisons poétiques. Au Zénith de Paris c’est le cas de Sa Majestè, bien sûr, mais du Fleuve aussi, qui se présente avec une longue introduction qui m’a rappelé d’Héraclite: “On ne peut pas entrer une seconde fois dans le même fleuve, car c’est une autre eau qui vient à vous ; elle se dissipe et s’amasse de nouveau ; elle recherche et abandonne, elle s’approche et s’éloigne. Nous descendons et nous ne descendons pas dans ce fleuve, nous y sommes et nous n’y sommes pas” . Le fleuve chanté par Détroit paraît nous donner la même leçon. Avec Bertrand Cantat il n’est pas inusuel, au cœur d’un concert rock d’entendre l’écho de choses lointaines et il est possible de participer à l’événement sans s’en sentir jamais exclus, avec différents niveaux et différents degrés d’intensité.
Avec Droit dans le soleil c’est le moment de l’émotion visible. Le public, à la fin du morceau fait le cadeau d’une première standing ovation à un Bertrand Cantat ému aux larmes.
L’habituel remerciement avec les mots sera donc suivi dans les faits par une inoubliable version de Tostaky, la plus belle à laquelle j’ai assisté, avec la seule exception du grand final de Nantes, dont je vous parlerai bientôt.
Les onze minutes de Tostaky au Zénith de Paris sont un mélange d’énergie, rock, poésie, musique et participation du public. Qui, parmi mes lecteurs, a eu la chance d’être présent à un concert de Détroit ou de Noir Désir pourra bien comprendre le sens de ces mots. Aux autres je ne peux que souhaiter d’ y participer au moins une fois dans leur vie. Je pense vraiment qu’avec Détroit ce sacré-morceau est en train de vivre une deuxième vie et que le temps ne l’a pas du tout altéré.
A la fin de presque deux heures et demie de concert, on a du mal à quitter la salle, mais toutes les remarques que j’ai eu la chance d’entendre, même prévenantes de la part de spectateurs nouveaux et pas nécessairement fans du groupe sont unanimes. Paris est conquise et d’une manière triomphale.
Comme je vous ai déjà prévenus, le samedi 13 décembre la tournée 2014 de Détroit s’est terminé. L’atmosphère à Nantes était ambivalente : il y avait la joie du groupe, certainement surpris par une accueil chaque fois extrêmement chaleureuse, mais il y avait aussi une atmosphère de nostalgie palpable parmi le public autant que parmi les cinq membres du groupe.
Déjà à l’entrée parmi les gens qui attendaient d’accéder à la salle, des feuilles imprimées avec les mots ça va nous manquer tout ça, commençaient à circuler, pour être soulevées sur les notes d’ A ton étoile, pour la plus grande joie des membres du groupe.
Aussi il faut souligner que le concert de Nantes mérite d’être mentionné pour une version extrêmement énergique de Gimme Danger, autant que pour une série de gags qui ont eu lieu sur scène, en témoignage de la belle atmosphère existante parmi les membres du groupe et de l’équipe qui a travaillé avec Détroit ces derniers mois. Je me souviens, par exemple de l’ange un peu bizarre qui fait son apparition sur le fond, comme un deus ex machina, sur les notes de Lolita nie en bloc (“…un ange passe”), ou encore je me souviens des membres de l’équipe habillés avec des perruques colorées qui apparaissent sur scène au moment de la première version de Tostaky.
Tostaky reviendra pour une deuxième fois à la fin du concert, avec la présence extraordinaire de Frah de Shaka Ponk et de Souleymane Diamanka: les trois concluront le concert en plongeant dans le public, une véritable marée, soulevant le plus grand enthousiasme des présents, avec le résultat que Bertrand Cantat terminera le spectacle avec le tee-shirt déchiré.
L’équipe au complet monte sur scène pour le grand salut final. Lors du concert Bertrand Cantat avait évoqué de part soi Robert Devreu, poète français, traducteur de Sophocle et Wajdi Mouawad , avec lesquels l’intente s’est révélée extrêmement riche et profonde depuis les jours de la trilogie dédiée à Sophocle.
Que devons-nous retenir donc de ce tour? La preuve que le talent de Bertrand Cantat est toujours et a toujours été là. Il s’agit d’un talent que le temps et les épreuves de la vie n’ont pas réussi à entamer, mais au contraire nous l’ont rendu plus lumineux. Après il y a la certitude que le lien avec le public est très fort et enfin la surprise d’un groupe nouveau, Détroit, mûr et qui fait preuve de cohésion: on ne regrette pas de cette manière les jours d’antan.
J’aimerais bien lire ailleurs des compte-rendu sur cette magnifique expérience qui a marqué mon 2014 autant que le 2014 de milliers d’autres personnes. Il semblerait que la presse ne s’est pas aperçue du cyclone d’émotions (mais il ne s’agit pas simplement d’émotions, bien entendu, je veux bien souligner soit la grande beauté de l’album Horizons soit le véritable talent mis en lumière par le DVD du concert à la Cigale en juin aussi) qui était juste là sous son nez. Je suis certaine que le jour viendra où il ne sera plus possible de cacher ni nier un succès si évident. Pour l’instant je ne peux que vous conseiller de ne pas perdre de vue Cantat & Co.

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