di Marina Montesano
Da una cover band ci si attende una resa precisa dei brani eseguiti; anzi, più si avvicina agli originali più cresce il suo valore. Per un musicista professionista, naturalmente, il rapporto con le cover è assai più complesso; perché eseguire i brani di altri? Può essere un omaggio oppure lo spunto per dire qualcosa di proprio, ma in questo secondo caso si apre un’ampia gamma di possibilità che arrivano fino allo stravolgimento completo, alla riscrittura di ciò che si sta eseguendo; senza contare che la scelta delle canzoni significa già molto. Anna Calvi ha alle spalle solo due LP, con i quali però si è guadagnata una fama di interprete, sia alla voce sia alla chitarra, non indifferente. Con Strange Weather propone un EP con cinque cover per le quali i criteri che l’hanno guidata non sono del tutto chiari. Il brano centrale è quello che dà il titolo al disco, scritto e interpretato originariamente da Keren Ann, un’artista non di primissimo piano, e cantato da Anna insieme a David Byrne. E’ un brano riuscito, che migliora gli arrangiamenti e la qualità vocale rispetto all’originale, pur lasciandone sostanzialmente intatta la struttura di lenta ballata. Altri due pezzi appartengono ad altri artisti meno noti di Anna Calvi: I’m The Man, That Will Find You appartiene al repertorio pop psichedelico del neozelandese Connan Mockassin mentre Papi Pacify, più significativo, era stato inciso da FKA Twig, ragazza inglese come la Calvi, con all’attivo poche incisioni e nessuna sulla lunga durata; nell’orginale è una bella canzone dagli arrangiamenti elettronici rarefatti che qui diviene una ballata lussureggiante di voci e chitarre. Poi ci sono i confronti pesanti: Ghost Rider è la canzone dei Suicide, qui resa in modo simile ma, come ci si può immaginare, meno claustrofobica. Infine Lady Grinning Soul di (c’è bisogno di scriverlo?) David Bowie/Aladdin Sane, che è anche la più problematica. Anna Calvi abbandona la chitarra e si affida a un arrangiamento solo pianistico, peraltro molto bello, e canta anche bene. Però: a parte che spiace non sentire un po’ di chitarra in un brano per il quale Mick Ronson aveva ideato un a solo breve, classicheggiante e stratosferico, rispetto al quale un confronto per una chitarrista inventiva come Anna sarebbe stato importante, l’ostacolo principale viene dall’impoverimento dello spirito dell’originale: sparito tutto l’eccesso camp del quale Bowie era sovrano, resta una bella canzone senza molta verve. Alla fine Strange Weather si può interpretare come un divertissment nella carriera di Anna Calvi o forse come un modo di confrontarsi con la scrittura altrui per variare la propria. Niente di fondamentale, insomma, ma di sicuro un ascolto gradevole.
7/10
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Anna Calvi ft. David Byrne – Strange Weather