Sona Jobarteh al festival H/EARTHbeat: Teatro Puccini, Firenze, 7 ottobre 2022.
H/EARTHbeat: questo l’evocativo titolo del festival organizzato dall’associazione MusicPool che vedrà avvicendarsi nell’arco di quasi un mese su vari palcoscenici fiorentini tutta una serie di artisti internazionali, in prevalenza africani ma non solo. Quindi musica “della” e “dalla” terra, ma anche – se non soprattutto – musica “del” e “dal” cuore. E dopo averla ascoltata non riusciamo a immaginare artisti più adatti di Sona Jobarteh a inaugurare la manifestazione!
La musica di Sona Jobarteh
Inglese di nascita – ma con profondissimi legami col “paterno” Gambia -, parente ed erede della tradizione griot che permea di sé molti paesi dell’Africa occidentale e che ha in quella sorta di “arpa dei poveri” che è la kora il suo strumento-totem, Sona sa unire terra e cuore come pochi altri artisti. Virtuosa della kora – ma se la cava più che bene anche alla chitarra – e dotata di un’incantevole voce dolcissimamente “acuta”, si è presentata sul palco di un Teatro Puccini quasi gremito accompagnata da una affiatatissima band di quattro elementi (chitarra, basso elettrico, batteria e percussioni) che ha incantato e coinvolto emotivamente il pubblico in un concerto di quasi due ore, parte delle quali sono state usate per “raccontare” il suo modo di fare musica e il rapporto con le sue radici africane. Musica che accoglie la tradizione griot filtrandola e mettendola al servizio delle esperienze personali dell’artista, come è evidente in brani come Mamamuso, dedicato alla nonna gambiana.
Lo spettacolo di Sona Jobarteh allo H/EARTHbeat
Oltre che eccellente musicista Sona è anche notevole “animale da palcoscenico” e, oltre a dialogare in modo quasi “teatrale” con i suoi musicisti, ha fin dal primo brano – Jarabi – sollecitato la partecipazione del pubblico, non solo col “solito” battito di mani, ma anche con un vero e proprio contributo al canto che non si è fatto attendere. La serata è poi diventata una vera e propria manifestazione di “orgoglio gambiano” grazie al coinvolgimento di numerosi giovani spettatori del Gambia residenti a Firenze, che hanno portato all’inizio della platea e perfino sul palco le loro danze – ancorché sfociate alla fine in un occidentalissimo “trenino”, anche grazie al fatto che vi si sono uniti diversi fiorentini – e le bandiere della loro nazione.
La musica di Sona Jobarteh unisce mirabilmente le prevalenti radici africane, che si ritrovano in particolare nell’accompagnamento del canto, con un’attitudine all’improvvisazione di stampo quasi jazzistico che si prende la scena soprattutto nelle parti strumentali e nei “dialoghi” nei quali si alternano i vari strumenti. E più di un intervento del chitarrista ha fatto ipotizzare come anche il flamenco debba forse qualcosa alle tradizioni musicali africane. Dialoghi che hanno avuto uno spazio di rilievo nell’ultima parte del concerto e fra i quali ha sollevato particolari entusiasmi quello tra Sona e il suo percussionista, invitato ad un certo punto a portare in primo piano sul palco il suo fino ad allora nascosto – agli occhi, ma non certo alle orecchie – djembe per intavolare un serrato “contrappunto” con la kora della front woman, dimostrando un affiatamento notevolissimo e pieno di divertita e divertente complicità.
H/EARTHbeat: un festival da consigliare
Ci permettiamo di concludere con un paio di sommessi suggerimenti. Se Sona Jobarteh e la sua band si trovano a passare dalle vostre parti non ve li lasciate scappare. E se capitate a Firenze fino al 2 dicembre potrebbe valere la pena di andare a sentire qualcun altro dei concerti programmati da questo interessantissimo festival.