di Marina Montesano
Non dev’essere facile dare un seguito alla propria carriera quando si sono pubblicati Fever And Mirrors a vent’anni e Lifted a ventidue: con il consueto corollario di paragoni (il nuovo Dylan…) che in queste occasioni non mancano. Non che la carriera dell’allora Bright Eyes, oggi ormai solo Conor Oberst, si sia spenta dopo quei dischi; anzi è con il successivo I’m Wide Awake, It’s Morning che Oberst ha trovato l’acclamazione generale; ma è anche da quel momento che la sua musica si è volta decisamente verso un approccio country più tradizionale, lasciando al gemello (dizigote) Digital Ash In A Digital Urn un approccio più sperimentale. E siamo al 2005. In anni più recenti, Oberst ha scritto e suonato da solo e soprattutto con altri, lasciando trapelare una qualche difficoltà a riaffermarsi come un personaggio dotato di una scrittura al di fuori di un genere ben consolidato. Diciamo subito allora che il nuovo Upside Down Mountain lascia ancora incerti su chi sia davvero l’ex giovane prodigio.
Alcune canzoni richiamano apertamente i suoi esordi: come per esempio le iniziali Time Forgot, Hundreds Of Ways o Artifact #1, o la conclusiva Common Knowledge, dov’è soprattutto l’immediatezza della vena melodica a colpire. I toni sommessi spesso ripagano; in questo eccelle Lonely At The Top, non lontana dai territori di Kurt Wagner e dei suoi Lambchop. Le escursioni in un campo country-rock più a tutto tondo funzionano a tratti, come in Governor’s Ball, dagli arrangiamenti molto carini. E’ un disco che sembra crescere con gli ascolti, Upside Down Mountain, al quale sarebbe inutile chiedere i sentimenti ulcerati di una Lover I Don’t Have To Love, ma che vive piuttosto di una malinconia sottile che non mancherà di conquistare.
7,8/10
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Conor Oberst – Governor’s Ball