Everyday Robots debutto da solista di Damon Albarn
Difficile credere che Everyday Robots sia il debutto da solista di Damon Albarn, ma quello che ormai appare arduo qualificare solo come l’ex frontman dei Blur ha preferito per quasi due decenni agire dietro/insieme a una band. Di conseguenza, alcune delle recensioni che si leggono sembrano più un premio o un processo alla carriera che non un’analisi delle dodici canzoni che compongono il disco. Ovvio che le passate esperienze contano: e qui il brit pop degli esordi arriva per echi distanti, mentre l’Africa, il dub, l’hip-hop, cioè le passioni più recenti, sono maggiormente evidenti. All’inizio sono concentrate alcune delle canzoni migliori: la title track, Hostiles, Lonely Press Play; la successiva Mr Tembo suona Paul Simon/Graceland 2.0 e dunque piacerà a chi ha apprezzato già in passato questo aspetto della musica di Albarn.
I momenti migliori di Everyday Robots
Ma il disco scorre bene fino alla You & Me con Brian Eno e alla di nuovo ottima Hollow Ponds; i suoni sono quieti, al limite del narcotizzante, tanto che verso la fine, soprattutto con The History Of A Cheating Heart, si rischia il torpore. Poi, per fortuna, arriva Heavy Seas Of Love, che chiude il disco come meglio non si potrebbe e ci aiuta a formulare un giudizio, se non d’eccellenza, quantomeno ampiamente positivo.
7.5/10