father john misty-honeybear

 father john misty-honeybear

di Antonio Vivaldi

Ai tempi in cui suonava la batteria con i Fleet Foxes, Joshua Tillman era sovrappeso e sottotraccia. Ora entrambi i problemi sono stati risolti. In primo luogo Tillman ha dato un taglio ai consumi a rischio e, contrariamente a quanto di solito succede in questi casi (vedi Steve Earle), è dimagrito fino a diventare perfetto sex-symbol hipster. Poi ha dato un taglio (via e-mail) anche ai Foxes per dedicarsi a tempo pieno alla carriera solista. Se i dischi pubblicati a nome J Tillman fra 2004 e 2010 risultavano più solipsisti che solisti, nel 2012 Fear Fun, inciso con il nuovo nome d’arte Father John Misty, segnava sia l’inizio della collaborazione con il miglior architetto sonoro di Laurel Canyon, Jonathan Wilson, sia un primo, dichiarato, avvicinamento all’autorialità americana classica in stile Harry Nilsson. Fear Fun era anche un fosco quadro di dissipazione californiana e, nella sua dolcezza disturbata, suonava come un aggiornamento del classico The Wolfking Of L.A. di John Phillips.
Il nuovo I Love You, Honeybear è un disco più chiaramente a tema del precedente, di cui rappresenta una sorta di proseguimento. Si tratta infatti del racconto di una felicità coniugale incontrata in un poco romantico parcheggio, consolidata con una certa fatica e sempre un po’ a rischio per via dei vecchi demoni duri a morire e di una certa devianza di fondo. Ecco l’incipit: “Orsacchiotto mio, orsacchiotto mio/ Mascara, sangue, cenere e sperma/ Sulle lenzuola Rorschach dove facciamo l’amore”. Più avanti s’incontrano altri momenti non esattamente rosa quali la descrizione di una seratina sexy triangolare che si conclude cantando Silent Night (ovviamente a tre voci) o il ricordo di un momento fosco (“Sarai per sempre la ragazza che è quasi morta a casa mia”), ma anche propositi esemplari: “Mettiamo un bambino in cantiere! Vero che sarei un marito ideale?”.

httpv://www.youtube.com/watch?v=cBYjAVqMtqo
Father John Misty – I Went To The Store One Day (A Take Away Show)

Se tutto ciò risulta utilissimo alla costruzione mitologica del personaggio, occorre dire che I Love You, Honeybear propone canzoni all’altezza di temi tanto forti e insidiosi. Pur non essendo il capolavoro assoluto a cui molti già gridano, è di certo uno dei migliori dischi cantautoriali degli ultimi anni: gli arrangiamenti ampi e westcoastiani di Jonathan Wilson si sposano a una scrittura sempre più articolata, a una voce utilizzata con pregevole duttilità (falsetti inclusi) e anche a un atteggiamento più piacione e furbetto (“che dite, lo sono o lo faccio?”) rispetto al passato. Insomma, quando Tillman cita come referenti (oltre a Harry Nilsson), Dory Previn, Randy Newman e il John Lennon solista, compie un peccato di presunzione, ma nel senso del ragazzino che si mette l’uniforme di papà e si accorge che gli sta quasi giusta. Soprattutto la sequenza finale è perfetta nell’associare idee e suoni: Bored In The USA sposa la desolazione verbale (e applausi e risate in sottofondo) a una melodia da “Great American Songbook”; Holy Shit parte come tipica ballata folk per diventare sempre più apocalittica e spectoriana; I Went To The Store One Day è sommessa come si conviene alla descrizione di una felicità ancora fragile e suona un po’ come un finale aperto e non del tutto rassicurante. Anche perché, se si leggono gli “esercizi per l’ascolto” inseriti nella confezione del disco o se si guarda una recente performance del nostro al David Letterman Show (v. sotto), si capisce che la centratura non è, e non sarà mai, il forte di J Tillman, Father John Misty o come sceglierà di chiamarsi in futuro.

8/10

 

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Father John Misty – Bored In The USA (David Letterman Show)

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