di Mariangela Macocco
“Quando cambia l’intero panorama musicale , cambia anche il tuo modo di pensare alla musica, anche in modo inconscio” ha dichiarato in una recente intervista John Famiglietti, il bassista degli Health. Ascoltando Death Magic è ben chiaro il senso di queste parole.
Ho avuto modo di assistere a una loro esibizione a fine gennaio a margine di un concerto degli Interpol a Parigi, gruppo per il quale gli Health sono stati support band in alcune date europee di questo inverno. Mi avevano molto colpito con le sonorità noisy, psichedeliche ed elettroniche e per il loro forte impatto mostrato in scena. Dunque ho atteso con grande interesse la pubblicazione di Death Magic, nuovo lavoro del gruppo californiano, un album annunciato e rimandato più volte nel corso degli anni (il loro ultimo lavoro risale infatti al 2009, anno della pubblicazione di Get Color).
Se dovessi sintetizzare con un solo aggettivo Death Magic, userei senza dubbio “dirompente”. Si tratta di dodici tracce che si snodano in 39 minuti e che riescono a miscelare i suoni primitivi e un po’ tribali della band a nuances elettroniche, club, house e dance music tali da rendere l’album meno difficile da ascolare anche per un pubblico più eterogeneo rispetto al passato.
Death Magic scorre piacevolmente anche agli ascolti successivi senza fare perdere alla band nulla delle sonorità ancestrali, selvagge e a tratti disturbanti che la caratterizzano dal debutto, nemmeno dopo averle miscelate con delle note prevalentemente pop.
L’album si apre con la bellissima Victim: “Love, love, love is not enough” canta Jake Duzsik, sullo sfondo di un tamburo che batte come un cuore. Stonefist, seconda traccia è una delle più riuscite dell’album sia a livello musicale che a livello testuale e certamente riesce a mostrare bene il miscuglio fra le vecchie sonorità e i nuovi orizzonti musicali del gruppo. Mentre Today ci riporta alle radici della band, inondandoci da subito con le classiche percussioni di Benjamin Miller, cosi’ come Salvia. Flesh World (UK) è una perfetto brano house/electro music ed è interessante come gli faccia seguito Courtship II, al contrario una della canzoni piu vicine al classico sound della band.
E’ tutto un alternarsi di suoni nuovi e vecchi, esattamente come nelle intenzioni di Famiglietti. Il risultato è a mio avviso eccellente.
Fra le altre tracce segnalo New Coke, primo singolo estratto dall’album, accompagnato da un video piuttosto inquietante e tratti disturbante e Hurt Yourself, una ballata gotica fra i momenti più riusciti dell’intero lavoro.
8/10
httpv://www.youtube.com/watch?v=l3_dedjucgM
New Coke