Il secondo disco del gruppo dublinese sembra avere due anime fra loro piuttosto diverse
di Marina Montesano
Tornano con il secondo album dopo l’esordio Absolute Zero (2013) i dublinesi Little Green Cars, forti della coproduzione di Rob Kirwan, che ha lavorato con irlandesi importanti, U2 in testa. Il brano iniziale, The Song They Play Every Night, ci dice però il quintetto ama un suono differente: la canzone, molto bella, è un affare delicato di chitarre arpeggiate, al pari della successiva You vs Me. Fino a questo punto è la voce maschile di Stevie Appleby a dominare; la musica ha non pochi richiami al pop-non-dance anni ’80, Talk Talk in testa: ed è evidentemente un complimento.
httpv://www.youtube.com/watch?v=HtjtwjyPeUY
The Song They Play Every Night
Con la terza canzone, Easier Day, entra in scena la voce femminile di Faye O’Rourke: il risultato è altrettanto buono, ma la direzione stilistica va in altra direzione; le atmosfere, soprattutto all’inizio, farebbero pensare agli XX, sennonché il brano ha un crescendo molto più magniloquente. Diciamo che il disco procede grosso modo con questa bipolarità: la voce maschile segna un indirizzo, quella femminile un altro. Il che alla lunga, soprattutto verso la fine, quando le Automobiline Verdi sembrano aver finito il carburante (o l’elettricità), finisce per spaesare; come se due dischi differenti si fossero reciprocamente e inavvertitamente interpolati. Ciò non toglie che Ephemera ha i suoi meriti, e non sono pochi, perché quando le canzoni (come per Clare De Lune, una delle poche in cui le due voci duettano distintamente) funzionano sono davvero coinvolgenti e trasmettono immediatamente il desiderio di un secondo ascolto.
7,5/10
httpv://www.youtube.com/watch?v=eo2bsVndWw0
Easier Day