lucinda cover

di Raimondo Bignardi

Di album doppi che, ascoltati tutti di seguito, non me l’abbiano un po’ menato, ne ricordo pochi. Blonde On Blonde, London Calling (in verità molto corto), Trout Mask Replica (più che altro per capire dove voleva arrivare). Si potrebbe lanciare un sondaggio: “I doppi che alla lunga non te l’hanno menato” e vedere come va a finire (live e raccolte esclusi, ovviamente).
A questo punto avrete capito che l’album in questione è un doppio. Non cambierà la storia della musica come i succitati, forse non reggerà un ascolto completo sul divano di casa, ma suonato ad un barbecue con gli amici, fidatevi che nessuno chiederà di cambiare disco, tanto è bello, tirato, energico.

Lucinda Williams – Down Where The Spirit Meets The Bone: un disco ben riuscito

Lucinda Williams, tormentata regina dell’alt-country, arriva a sessant’anni al lavoro più ambizioso e curato della sua carriera. Prodotto dal marito Tom Overby e dalla vecchia gloria della West Coast Greg Leisz, questo è il primo album della sua nuova etichetta, la Highway 20.
La voce di Lucinda è perfetta: eroica, disperata, rancorosa e appassionata. I musicisti sono altrettanto perfetti, classici ma non canonici. Tra essi Tony Joe White, Bill Frisell, Greg Leisz, Bob Glaub (bassista di Jackson Browne e Warren Zevon ai tempi d’oro) from USA; Ian Mc Lagan, Pete Thomas from UK. La partecipazione di Jakob “Zimmerman” Dylan, assolutamente superflua, è limitata ad uno scolastico controcanto in “It’s gonna rain”. Sembra me quando a 13 anni facevo la seconda voce su John Denver. John: country road… io: country road…,John: take me home…io: take me home…etc.(vagamente in falsetto). Uguale!

Le influenze

Il disco è molto omogeneo e i brani più o meno sullo stesso livello, un po’ country, un po’ blues, un po’ country-blues etc. Due tracce su tutte, le uniche non scritte da Lucinda: la prima, Compassion, tratta da un testo del padre, poeta e predicatore, è una lenta ed accorata preghiera che contiene la frase che dà il titolo all’ album; l’ultima, Magnolia, scritta da JJ Cale, è un lungo jam-tributo di notevole effetto (e affetto).
Concludendo, un buon disco (doppio) che piacerà sia agli avidi music lovers fan di Hiatt e Mellencamp, che a quelli di Wilco e Woven Hand e alla fine, tutto sommato, potreste anche non menarvelo ad ascoltarlo tutto di seguito.

7,5/10

print

TomTomRock è un web magazine di articoli, recensioni, classifiche, interviste di musica senza confini: rock, electro, indie, pop, hip-hop.

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.